Era la notte del solstizio d’inverno e l’intero Bosco Incantato dormiva. Aveva nevicato
abbondantemente per due giorni e ora uno spesso mantello bianco ricopriva ogni sentiero, ogni
cespuglio, ogni collinetta e ogni radura. Il buio della notte era rischiarato da un sottile raggio di
luna, che faceva brillare come diamanti i cristalli di ghiaccio tra la neve.
Sotto metri e metri di coltre bianca gli animali del bosco, riparati nelle loro comode e calde tane,
dormivano beati, attendendo lo scorrere dell’inverno. All’improvviso qualcosa scosse l’intero
Bosco Incantato. Un suono. Come un campanellino. Dlin dlin.
Andava e veniva, spariva e poi ritornava. Insistente. Fastidioso. A poco a poco tutti gli animali si
svegliarono. Il vecchio gufo, che sonnecchiava nel tronco del Grande Abete, decise di uscire in
perlustrazione. Ad un tratto apparve un’ombra scura. Era enorme, una massa nera che terminava in
due punte. L’intruso avanzava dondolando al suono di un dlin dlin. Il vecchio gufo prese la rincorsa
e si fiondò direttamente al centro dell’ombra, gracchiando impazzito. Ma non c’era nulla lì in
mezzo. Dov’era finito il mostro nero?
Dlindlindlindlin, il suono adesso era ininterrotto, insieme a qualcosa d’altro, un piagnucolio.
Qualcuno piangeva, piangeva sempre più forte. Il gufo abbassò gli occhi e scorse tra la neve un
mucchietto marroncino di qualcosa di minuscolo. Il gufo si abbassò aprendo le ali e la figurina
cominciò a piangere ancora più forte. C’era una coperta scura in mezzo alla neve. Era lei che con la
luce della luna aveva creato quell’ombra gigantesca. Da sotto la coperta apparve un nasino, poi un
musetto. Sulla testolina spuntavano due minuscole corna e al collo un campanellino che faceva dlin
dlin.
Intanto, al limitare della radura, erano apparsi gli animali del bosco in piagiama, mezzi
addormentati e infreddoliti, avvolti in sciarpe, coperte e scialli. Guardavano da lontano il piccolo
esserino strano. Sembrava un capriolo, ma non era un capriolo. Sembrava un cerbiatto, ma non era
un cerbiatto. Sembrava un boh…
-Chi sei?- chiese il gufo con la voce più gentile che riuscì ad avere.
-Sono una renna!- esclamò il cucciolo. Gli animali del bosco si avvicinarono.
-Una renna?? Intendi come quelle di Babbo Natale? Sono così le renne? Ma non sono gigantesche,
e volano, e tirano la slitta, e portano i regali?-
Il vecchio gufo comandò il silenzio e si rivolse al cucciolo. -Dimmi, piccola renna, ma come sei
capitata qui?-
Il musetto si mosse, tirò su con il naso e il cucciolo ricominciò a piangere. -Sono caduta dalla slitta
di Babbo Natale! Ho freddo! Voglio tornare dalla mamma! Prometto che farò la brava! Prometto!- e
intanto piangeva e piangeva. Tutti gli animali erano intorno a lei e cercavano di scaldarla.
-Tranquilla piccola! Vedrai che si sistema tutto! Forza, portiamola al riparo.-
La grotta della volpe e del tasso era l’ideale. Avvolta in una soffice trapunta, dopo aver bevuto un
po’ di latte caldo con biscotti, la piccola renna cominciò a raccontare. -Mi chiamo Brillina e sono
una renna di Babbo Natale. Ehm, non proprio vera renna, il mio papà e la mia mamma e le mie
sorelle sono vere renne. Ma anche io un giorno guiderò la slitta di Babbo Natale. Solo che sono
ancora piccola. Dovevo stare con nonna renna, ma nonna renna aveva il raffreddore ed è andata a
letto presto. E io mi annoiavo da sola. Allora mi sono nascosta nel bagagliaio della slitta. Ma il
vento era forte e ad una curva sopra il Monte Bianco, sono stata sbalzata fuori. Mi aiuterete a
ritornare dalla mia mamma?-
-Certo! Non ti preoccupare, piccola! Ora riposati!- Mentre Brillina dormiva, il vecchio gufo
convocò tutti gli animali. -Che facciamo con la piccina? È un bel guaio! Come farà a ritornare in
cielo?-
-Dobbiamo creare una slitta. Una slitta che vola. Dobbiamo farla partire dal punto più alto del
Grande Abete.-
In un battibaleno si misero all’opera. Rami e bastoni per il telaio, una soffice e calda pelliccia per il
rivestimento. All’alba la minuscola slitta era pronta. Quando Brillina la vide non stava più nella
pelle dalla gioia. -Uau! Una slitta tutta per me!-
-Calma, piccola! Adesso bisogna farla volare! E io sono solo un vecchio gufo, con vecchie ali. Non
penserai che ti guido fino a casa tua, eh?-
-Oh, ma per questo non c’è nessun problema. Noi renne alate sappiamo volare.-
-E tu hai mai volato?-
-Ehm, veramente no! Ma ho visto tante volte la mamma e il papà farlo! Si conta fino a tre, si prende
la rincorsa e… si vola!-
-Ossignur!-
-Ho bisogno solo della polvere del volo!-
-Polvere del volo?-
-Sì, è la polvere delle stelle che abbiamo nel sacchetto appeso al collo. Si lancia un po’ di polvere e
si vola.-
-Beh, qui sulla terra di polvere di stelle non ce n’è. C’è solo polvere di neve.-
-Ma luccica?-
-Certo! Luccica.-
-Bene! Può andar bene anche la polvere di neve. Ovviamente ne serve parecchia, perché non ha il
potere della polvere di stelle.-
-Forza allora, ragazzi! Avete sentito? Polvere di neve!!!!-
In poco tempo vennero riempiti molti cestini della polvere di neve più luccicante, più trasparente,
più luminosa e diamantina che si potesse trovare. La piccola renna Brillina era pronta nella sua
minuscola slitta. Lo scoiattolo si posizionò poco più avanti con il suo cesto di polvere di neve e più
in là il ghiro. La volpe e il tasso si erano messi sulla roccia più alta, il topolino e la talpa stavano
sopra un alto cumulo di legname, mentre i ricci avevano fatto una catena fino a raggiungere la cima
di una betulla. Il vecchio gufo era accanto alla piccola slitta, pronto a dare lo slancio alla partenza.
-Pronta, Brillina?-
-Pronta!-
-3, 2, 1, VIA!!!-
Il vecchio gufo gettò la prima scia di polvere di neve mentre con le forti ali lanciava la slittina il più
in alto possibile. Subito lo scoiattolo lanciò altra neve, e anche il ghiro, la volpe, il tasso, e via via
tutti gli altri animali. In breve tempo si creò un ponte magico che brillava nel sole, tutto luccicante
come le stelle, che rifletteva l’arcobaleno. La slittina scivolava leggera sul ponte, sempre più in alto,
mentre gli animali gettavano altra neve, e altra ancora, senza fermarsi.
-Ciao, amici! Non vi dimenticherò!!! Ciaooooooo!- gridò Brillina mentre diventava sempre più
piccola, un puntino nel cielo azzurro, fino a che scomparve. Con il magone in gola gli animali si
diressero verso le loro tane. A primavera avrebbero avuto tantissimo da raccontarsi. Ma ora
bisognava ritornare al calduccio.
Scese di nuovo la notte sul Bosco Incantato. Finché arrivò la Notte di Natale. Nel cuore del sonno
sembrò a tutti gli animali di sentire un leggero dlin dlin. E al mattino, fuori dalla propria tana,
ognuno trovò un regalo e un biglietto. “Grazie di cuore per aver salvato la nostra piccola! Dalla
mamma e dal papà di Brillina!”
Di Aurora Cantini