Il Lupo Panettone - Ocarina Player
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Il Lupo Panettone

Il Lupo Panettone

C’era una volta un piccolo lupo dal mantello grigio e rosso soprannominato “il lupo
panettone”. “Perché tutti ti chiamano così?” chiesero un giorno gli amici lupetti. “Vi
racconto la mia storia”, rispose Panettone. E disse: “Gli scatoloni erano in cantina,
chiusi con lo scotch. Bastava aprirne uno ed il profumo di Natale invadeva la casa.
Mio fratello, lupetto Melone (soprannominato così a causa della sua testa tonda),
aprì per primo lo scatolone verde scuro, quello con l’albero di Natale. Stelle filanti,
palline rosse, gialle e verdi erano riposte nello scatolo arancione. In fondo allo scatolo
blue c’erano invece i pastorelli per il presepe, incartati uno ad uno con i fogli di
giornale. Infine, nello scatolo rosso, le tre serie di luci colorate per illuminare l’albero.
Mia sorella Nenè e l’altro mio fratello Fofò, raccolsero sotto i ruderi del castello
abbandonato, il muschio fresco per fare il presepe da riporre sotto l’albero. Per avere
l’effetto della neve, si spargeva sul muschio un pugno di farina bianca. Quando papà
Ciccio mise il puntale rosso sulla sommità dell’albero fu come la incoronazione di un
Re. Tutto era pronto quando mamma lupo spense le luci di casa: fu una vera magìa.
Le lucine colorate a forma di minuscole candeline brillavano nel buio, a intermittenza,
illuminando l’albero ed il presepe sottostante. C’è sempre un pizzico di stupore in
quel momento, anche da parte degli adulti. Gli si legge in volto il bisogno di tornare
bambini, di sognare ancora. Ogni sera la mia famiglia insieme agli zii lupi, a nonna
lupo e ai cugini lupetti, si riuniva intorno alla grande tavola rotonda che il mio trisavolo
Barbalupo, fece costruire da mastro Enrico, l’antico lupo falegname del villaggio.
“Prendi il legno di questo vecchio ciliegio e fanne il tavolo più bello del mondo” gli
ordinò un giorno. Con la barba bianca ricurvo nella falegnameria di famiglia, Mastro
Enrico lavorò a lume di candela per sette albe e sette tramonti per finire il lavoro.
Ancora oggi quel tavolo di ciliegio è il simbolo dell’unità della famiglia. Non poteva
certo mancare la tombola. Nenè da piccola non sapeva pronunciare la parola
“tombola”. La chiamava “bombela”, tra le risate a crepapelle di tutti!! Armati di bucce
di mandarino e fagioli per segnare i numeri vincenti, iniziava il gioco. Nonna lupo,
seduta vicino al camino, dopo un po’ si addormentava, facendo cascare per terra le
cartelle della tombola che teneva barcollanti sopra le ginocchia. Spesso fingevamo
che avesse centrato un terno, oppure una quaterna, tanto per farle vincere qualche

spiccioletto per la questua della messa. Ma quell’anno era più speciale degli altri. La
famiglia si ingrandiva per l’arrivo di un nuovo lupetto… io!!! Nacqui la vigilia di Natale,
e a casa fu festa doppia! Faceva molto freddo, le montagne imbiancate ed un grande
fuoco allietava la compagnia. Sul “trepiedi” di ferro c’era una padella che anni fa
nonno lupo bucò con martello e chiodi, tarsformandola in una specie di groviera di
ferro per fare le caldarroste. Nel periodo delle feste si mangiano tanti dolci, così
appena nato, mamma lupo mi ripose nello scatolo vuoto di un panettone,
riempendolo di paglia. Lì sarei stato protetto ed al calduccio. Quella fu la mia prima
tana e da quel momento in poi divenni per tutto il villaggio, il lupo panettone!”. Tutti i
lupi del villaggio, per festeggiare il mio arrivo, salirono sul punto più alto della
montagna brontolona e ulularono forte alla luna!”.

Di giuseppe del giudice

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