C’era una volta un bambino di nome Luke, che viveva in un piccolo paese dove tutti si
conoscevano. Ogni strada aveva il suo profumo particolare: il pane appena sfornato del
panettiere, le rose del giardino della signora Amelia e il profumo dolciastro dei campi di
grano sotto il sole d’estate, ma, nonostante l’ambiente idilliaco, Luke si sentiva sempre
fuori posto. Era come se il mondo intorno a lui fosse colorato e vivace, mentre lui si
percepiva in bianco e nero.
Non riusciva a fare sport come gli altri bambini. Quando giocavano a calcio, Luke era
quello che veniva scelto per ultimo e ogni volta che doveva parlare davanti alla classe, il
cuore gli martellava così forte che sembrava voler scappare via. Ciò che davvero lo
tormentava, però, era la sua immagine riflessa nello specchio. Gli sembrava che tutto di
lui fosse sbagliato: le orecchie erano troppo grandi, i capelli sempre spettinati, e i suoi
occhi, che lui trovava insignificanti, sembravano non brillare mai.
Ogni mattina, si guardava nello specchio e sospirava: «Non sono abbastanza». Sua
madre cercava sempre di rassicurarlo. «Luke, tu sei speciale. Devi solo imparare a
vederlo!» Ma Luke scuoteva la testa. Come poteva essere speciale se non riusciva a
piacere neppure a sé stesso?
Un giorno, però, tutto cambiò. Luke si svegliò presto, come sempre. Si stiracchiò, si alzò
dal letto e andò verso lo specchio, ma invece del solito viso, pallido e spento, quello che
vide lo fece sobbalzare. Il suo riflesso era… diverso. I denti erano lunghi e appuntiti, come
quelli di un lupo affamato. La sua pelle era pallida, ma brillante, come la luce della luna
piena e i suoi occhi? Non erano più anonimi; brillavano di un rosso intenso, misterioso e
magnetico. Luke balzò indietro, il cuore che batteva come un tamburo.
«Sono un vampiro!» esclamò, afferrandosi il viso con le mani. Cercò di calmarsi, ma
l’idea continuava a turbinargli nella mente. Come poteva essere? Era successo davvero?
Dopo qualche minuto, la paura iniziò a lasciare spazio alla curiosità. «Non è poi così
male» si disse. Dopotutto, quei denti affilati erano perfetti per sgranocchiare qualsiasi
cosa e le unghie, così lunghe e appuntite, sembravano degli strumenti multifunzione!
Luke si guardò meglio allo specchio, ammirando il suo nuovo aspetto. Aveva sempre
odiato il suo viso, troppo comune, troppo… normale. Ma adesso? Ora sembrava un
supereroe delle tenebre, un predatore elegante pronto a dominare la notte! Le sue unghie
lunghe e affilate non erano solo per graffiare: erano perfette per aprire pacchetti, tagliare
la pizza e, perché no, fare degli spettacolari scarabocchi sul muro (se solo la mamma
non l’avesse sgridato per questo).
E poi, quei denti! «Sgranocchiare snack è ufficialmente diventato il mio
superpotere!» pensò, e subito iniziò a mordere un pezzo di mela, ma non una mela
qualsiasi: la mela che aveva preso senza permesso dalla dispensa della mamma. Perché
ora che era un vampiro, doveva anche comportarsi da tale, giusto?
Passò un’ora a fare prove. Provò a volare – ma si schiantò contro il soffitto, a trasformarsi
in pipistrello – ma finì per sembrare più un sacchetto di plastica che svolazzava in giro, e
a vedere se davvero riusciva a leggere la mente – ma capì solo che sua sorella stava
pensando a quanto fosse noioso guardare la televisione.
Infine, Luke si fermò a riflettere. “Aspetta un attimo… ma io… devo bere sangue?” Un
brivido gli corse lungo la schiena, ma dopo aver passato qualche minuto a riflettere sulla
cosa, concluse che preferiva decisamente un buon succo di pomodoro a un cocktail di
sangue. «Non è che posso essere un vampiro… gourmet?» si chiese.
Luke decise di uscire per esplorare questa nuova versione di sé. Si mise un lungo
cappello nero, che trovò in soffitta, e si diresse verso il parco. Era un luogo che amava,
pieno di alberi secolari e sentieri nascosti, ma quando arrivò, notò che qualcosa era
cambiato. I bambini, che solitamente correvano e giocavano rumorosamente, si
fermarono a fissarlo. I loro occhi erano pieni di sorpresa… e un po’ di paura.
Quando si avvicinò a Martha, la ragazza che gli piaceva da sempre, il cuore gli batteva
forte. Martha lo guardò per un attimo e poi fece un passo indietro. «Luke, cosa ti è
successo? Sei… strano.» Le sue parole lo colpirono come un fulmine. Gli altri bambini
risero, e lui sentì una morsa al petto. Non voleva spaventarli. Non voleva essere diverso.
Si allontanò, sedendosi su una panchina isolata, e abbassò lo sguardo. Sentiva qualcosa
di nuovo dentro di sé, una fame sconosciuta, ma ciò che lo feriva di più era la solitudine.
«Perché devono farmi sentire così?» si chiese. «Non ho scelto di essere diverso.»
Stava per tornare a casa quando vide una lucciola danzare nell’aria davanti a lui. Era
piccola, ma la sua luce era incredibilmente forte. Luke la seguì con lo sguardo, e un
pensiero gli attraversò la mente: forse essere diverso non significava essere sbagliato.
Quella notte, mentre rifletteva sul suo destino, ebbe un’idea brillante. «Se sono un
vampiro, magari posso diventare invisibile!» Chiuse gli occhi e si concentrò con tutte
le sue forze, ma nulla accadde. Provò a trasformarsi in un pipistrello, come nei film, ma
ancora niente. Luke si sentiva un po’ sciocco, ma allo stesso tempo non poteva fare a
meno di sorridere. Forse essere un vampiro non era poi così diverso dall’essere
semplicemente Luke.
Improvvisamente, sentì una voce familiare. «Luke?» Si voltò e vide Martha avvicinarsi,
questa volta senza paura. Aveva un’espressione gentile sul volto. «Volevo scusarmi per
prima. Non è giusto giudicare qualcuno solo perché è diverso. Mi sono resa conto
che, in fondo, siamo tutti un po’ strani, no?»
Le sue parole lo commossero. Luke non sapeva cosa dire. Ma prima che potesse
rispondere, tutto intorno a lui cominciò a svanire. Il parco, Martha, persino i suoi denti da
vampiro… tutto si dissolse come nebbia al sole. Luke si svegliò di colpo nel suo letto,
sudato e con il cuore che batteva forte.
Era stato tutto un sogno, ma non era un sogno qualunque. Quel viaggio onirico aveva
lasciato qualcosa di profondo in lui. Guardò il suo riflesso nello specchio. Questa volta
non vide un bambino insicuro, ma un viso familiare, unico. «Forse non sono un
vampiro» disse con un sorriso, «ma sono comunque speciale. Non devo cambiare
per piacere agli altri.»
Da quel giorno, Luke imparò ad accettare sé stesso. Non era perfetto, ma chi lo era?
Iniziò a vedere i suoi difetti come una parte di ciò che lo rendeva unico e mentre il sole
sorgeva, Luke uscì di casa con un sorriso nuovo. Dopo tutto, essere sé stessi era il vero
potere. A volte basta amarsi un po’ di più per riscoprire quanto tutti noi siamo speciali.
E vissero tutti felici e contenti…senza bisogno di morsi o zanne!
Di Paolo Molara