Questa è la storia di un cucciolo di lupo grigio e di un abete molto speciale, ma anche di una foresta
incantata dove la luce degli alberi filtrava tra le chiome dei sempreverdi e formava un caleidoscopio
magico sulla neve fresca e candida.
Nella Foresta di Baccheblu ogni anno si celebrava una grande festa all’arrivo dell’inverno. Gli animali
che la abitavano amavano saltellare sulle foglie secche e sui rametti, e addobbare gli arbusti e le
conifere con bacche multicolori, pigne e conchiglie che prendevano sul fondale del fiume Saliscendi
che scorreva poco più a nord. Aspettavano con grande emozione la luna piena di quel mese per
danzare tutta la notte e cantare fino a non avere più voce.
Eppure, in una tana nascosta nel cuore della foresta, viveva un cucciolo di lupo grigio che invece
detestava l’arrivo dell’inverno. Lo destava con tutto se stesso. Ogni anno, quando scendeva il primo
fiocco di neve, iniziava a ululare e brontolare, e smetteva solo quando spuntavano i primi fiori di
primavera.
Nessuno riusciva a capire perché Frederick – era questo il nome del cucciolo della nostra storia –
odiasse una cosa tanto magica quale era l’arrivo della stagione bianca, ma un motivo preciso esisteva,
eccome se esisteva!
Da quando Roger e Floki, uno scoiattolo birbante e un timido moscardino, suoi vicini di casa e
migliori amici, gli avevano spiegato che molte famiglie in quel periodo dell’anno facevano tutti
insieme una cosa chiamata letargo, nel pancino di Frederick puntualmente ribolliva la rabbia, e nella
gola saliva il magone, e dal nasino imbronciato fuoriuscivano sbuffi furiosi come da un calderone.
Riusciva a immaginarsele, famiglie di scoiattoli, orsi, marmotte, e ancora ghiri, toporagni e ricci, e
addirittura serpenti, pipistrelli e salamandre, tutte riunite, ciascuna nella sua tana, ognuna nel lettone
di mamma e papà senza mai alzarsi, senza mai uscire, senza mai lasciarsi fino al fiorire della
primavera. Il piccolo lupo li sognava di notte, tutti quanti a sorseggiare brodini fumanti, a mangiare
gustosi pranzetti e deliziosi dolcetti: tutti insieme, tutti abbracciati, per tutto l’inverno.
Per la sua famiglia non era così, non era mai stato così. Anzi, durante la stagione invernale il suo papà
lavorava ancora di più del resto dell’anno per assicurare il cibo da portare a casa, e molto spesso
anche la mamma si allontanava per dargli una mano, e alla sera erano sempre troppo stanchi per
giocare alla lotta. Frederick voleva bene ai suoi fratelli maggiori, a nonna lupo e agli zii, ma… non
era la stessa cosa. Il pensiero di dover passare il tempo con loro anziché con mamma e papà, mentre
i suoi amici Roger e Floki sarebbero stati al calduccio tra le braccia dei loro genitori per tutto l’inverno,
lo faceva esplodere di rabbia e singhiozzare di tristezza.
E fu così finché, durante la notte più lunga di un anno imprecisato, accadde qualcosa di sorprendente
che cambiò tutto.
Il lupacchiotto era più arrabbiato del solito, perché i fratelli maggiori non gli avevano lasciato
interpretare il cacciatore nella recita della storia di Cappuccetto Rosso, la mamma era presa ad
allattare le sorelline appena nate e il papà si era addormentato mentre gli leggeva la favola della
buonanotte, mettendosi a russare sul più bello! Per questo, mentre se ne stava nel suo lettino, a ululare
per la noia e a sbuffare col nasino rivolto alla luna, notò qualcosa che non gli era mai, e dico mai,
capitato di vedere nel cielo d’inverno.
Una piccola stella, timida ma luminosa, volava nel nero della notte canticchiando una melodia allegra.
«Ehi! Chi sei?» le urlò, poi abbassò la voce per paura di svegliare gli altri. «Psss! Dico a te!»
«A me?» chiese la stellina, guardandosi intorno e interrompendo la sua corsa.
Il lupacchiotto annuì vigorosamente più di una volta.
«Sono una cometa».
«Una cometa?» ripeté Frederick, come se non avesse mai sentito quella parola prima d’allora.
«Sì, una stella con una criniera. Come quelle dei cavalli, hai presente?»
Frederick aveva lo sguardo confuso. La stellina scrollò le spalle.
«In ogni caso, mi spiace, ma non posso restare a lungo. Ho ancora molta strada da percorrere».
«Perché? Che stai facendo?»
«Quest’anno mi è stato affidato un compito molto importante: annunciare un evento speciale a tutte
le creature della terra!»
«Quale evento?» chiese, incuriosito.
«La nascita di un bambino!»
«La nascita di un bambino è un evento speciale?» chiese il lupacchiotto, storcendo il naso.
«Certo! È un evento speciale perché è un bambino speciale. Ma ti dirò un segreto: per tutti i genitori
la nascita di un bambino è sempre un evento speciale».
«Anche la mia?»
«Anche la tua» rispose la stella cometa, con tono serio. «E ogni giorno che i genitori trascorrono in
compagnia dei loro bambini è un giorno speciale per loro, anche se a volte possono sembrare troppo
presi dagli impegni, troppo stanchi o a volte distratti».
«Davvero?» chiese il lupacchiotto. Aveva il naso mocciolone per la commozione.
«Parola di stella cometa! Da quassù posso vedere tutto, non ti fidi di me?»
Dal muso sorridente di Frederick si levò un ululato di assenso, come a dire «Ma certo che mi fido!»
«Bene. Mi sembri un lupacchiotto che sa il fatto suo, sai? Prima di andare via voglio lasciarti un
regalo che sia il ricordo di questa notte».
La stellina si agitò tutta, come fa un cane che si scuote per asciugarsi dalla pioggia, e dalla sua chioma
lucente cadde una scia splendente di polvere di stelle.
La polverina scintillante si andò a depositare sugli aghi dell’abete più alto della Foresta di Baccheblu
e, nell’oscurità più nera della notte più buia dell’inverno, quell’albero prese a brillare come una
fiaccola in una grotta.
«Auuuu!» gridò Frederick per la sorpresa. «Auuu! Auuu! Mamma! Papà! Venite a vedere!»
Frederick era talmente preso ad ammirare l’albero che dimenticò di star parlando con la stella cometa
e sparì dal suo pancino perfino la rabbia che aveva provato fino a poco prima.
Mamma e papà, i fratelli e le sorelle del lupacchiotto, la vecchia nonna lupa e gli zii si svegliarono,
chi borbottando, chi stropicciandosi gli occhi, curiosi di sapere chi stesse facendo tutto quel baccano.
«Guardate!» disse Frederick.
Quando la famiglia di lupi vide lo splendore che si irradiava dall’albero incantato, rimasero a fauci
aperte. Nessuno riusciva a distogliere lo sguardo da quel miracolo.
«Ma è uno spettacolo meraviglioso!» commentò mamma lupa, gli occhi sognanti.
«Chi sarà stato a fare questo?» si chiese papà lupo.
Frederick non disse nulla, ma in cuor suo conosceva la risposta: era stato l’amore, di un Papà verso il
suo bambino, di una mamma verso il frutto del suo pancino; era stato l’amore di quel bambino nei
confronti di tutti loro.
«Buonanotte, lupacchiotto» sussurrò la stella cometa sfrecciando nel cielo. «Pensami ogni tanto».
Da quel momento, Frederick iniziò ad amare l’inverno. Ogni anno, in quella notte, l’Albero della
Stella tornava ad accendersi, come per magia, a ricordare quell’evento speciale. Ogni anno, la notte
di Natale, i lupi correvano – non esisteva stanchezza, non esisteva noia – per assistere allo spettacolo
delle luci incantate. E quando la luna si abbassava dietro le Montagne dell’Aquila, scivolavano nel
sonno sotto l’abete, tutti insieme, tutti accoccolati come un grosso gomitolo di calore e amore.
Di Gabriella Feola