Vivo su un pianeta che si chiama Globus, al centro di una piccola galassia
molto lontana dalla terra.
Appartiene ad un sistema assai più antico del sistema solare; la disposizione
dei dodici pianeti che vi appartengono cambia più o meno nella durata delle
vostre ventiquattro ore.
Il nostro sistema, chiamato lunare, gira velocissimo versando energia nel vaso
del cielo.
La Luna si accosta, di volta in volta, ad ogni astro emanando luce e calore che
sono identici a quelli del vostro sole. Non esiste una vera e propria notte che
diventa una luce minore e lascia riposare gli occhi.
Dimenticavo di dire che quando i pianeti cambiano disposizione producono
ognuno una nota che, nelle notti di cielo chiaro, si può udire anche sulla terra,
spesso confusa con il rumore dell’acqua ed il pianto dei bambini appena nati.
Globus è il pianeta più grande ed emette la nota Sol: SOL, SOL, SOL e poi
precipita fra le altre note e i concerti impazzano.
Fisicamente noi abitanti di Globus siamo proprio come voi, con gli occhi, il
naso, la bocca, le gambe e tutto il resto; siamo solo un po’ più alti di statura;
infatti quasi tutti misuriamo due metri e, quando camminiamo, i nostri passi
sono così leggeri che voi terrestri non vi accorgereste della nostra presenza.
Viviamo più a lungo e l’età media è all’incirca sui duecento anni; non moriamo
mai di malattia, semplicemente, ad un certo punto, moriamo e basta,
addormentati nell’ultimo istante di vita.
L’evento più atteso e speciale è la nascita che avviene una sola volta, nella
durata del vostro anno di trecentosessantacinque giorni, all’incirca nel mese
che chiamate dicembre, tra il 20 ed il 27, in quel periodo che per voi è il Natale.
Mentre sulla terra i bambini aspettano Gesù qui su Globus i bambini aspettano
mamma e papà. Eh si, succede proprio così, da noi in quel periodo nascono i
genitori e ogni bambino li aspetta con tanta ansia e desiderio. Non si sa a quale
età dei bambini possano arrivare, qualcuno di noi ha otto anni, qualcuno
quattro, qualcuno sei e così via. Ognuno prepara la sua letterina di nascita,
anno dopo anno, finché non nascono i genitori.
Accanto ad ogni bambino c’è sempre un essere luminoso e trasparente, che
assomiglia al vostro Angelo Custode, e che non ci lascia mai soli, nemmeno
quando dormiamo. Il mio“Angelo” si chiama Thomas ed è assai allegro e
gentile.
Adesso ho otto anni e ancora i miei genitori non sono nati, quindi sto scrivendo
un’altra lettera nella speranza che quest’anno, che per noi è l’anno del colore
rosso, iopossa finalmente avere mamma e papà. Bisogna dire che la nascita
dei genitori è una bella faticata, perché bisogna insegnargli proprio tutto, ma
proprio tutto.
Arrivano dal cielo, in sfere trasparenti che si rompono quando toccano la
superficie di Globus e non sanno niente,nemmeno che cosa debba fare un
genitore.
Care sfere celesti,
questa è la mia terza lettera di richiesta per avere dei
genitori. Vorrei che il papà fosse alto, bruno, con gli
occhi chiari, senza barba né baffi, di carattere tenero
e vivace, molto intelligente. Vorrei che sapesse tante
storie da potermi raccontare e anche che fosse capace
di inventare tante cose.
Anche se non potete mandarmelo proprio uguale a
questo che ho chiesto, va bene lo stesso purché sia
buono.
Vorrei che la mamma fosse bionda, con gli occhi
chiari anche lei, allegra e spiritosa, capace di fare le
torte e di cantare. Anche per la mamma se non potete
mandarla così uguale, va bene lo stesso, purché sia
buona.
Vostro affezionatissimo
Andreas
Mentre aspetto mi tocca studiare libri su libri per insegnare a mamma e papà
come fare i genitori.
Su questo, per esempio, c’è scritto: capitolo 1. La prima cosa da fare, quando
si rompe la sfera trasparente, è correre ad abbracciarli così che anche loro
possano imparare ad abbracciare i figli.
Vi leggo solo i titoli di qualche altro capitolo:
Cap. 3: Come si svegliano i figli al mattino.
Cap. 6: Come passeggiare e giocare insieme.
Cap.10: L’importanza di ridere.
Cap.11: Come formare una famiglia.
Cap. 15: Essere riconosciuti.
È così bella la sera qui da noi, quando la luce cala con dolcezza e i bambini
corrono a vedere le grandi stelle della notte. Per un istante smettono di girare
tutti i pianeti e le note musicali rimangono sospese nell’aria come fiocchi di
neve prima di toccare terra.
Da domani comincia il periodo delle nascite e nessun bambino, senza genitori,
va più a dormire, ma ci arrampichiamo tutti sul piccolo monte Ariel e rimaniamo
ore e ore con il viso rivolto al cielo mentre cominciano ad arrivare le prime sfere
celesti, attentissimi per riconoscere ognuno quali siano i propri genitori,
sussurrando piccoli desideri tra noi, commossi nell’attesa.
Il primo e il secondo giorno le sfere sono poche, ma poi diventano tantissime
e scendono ruotando da ogni parte del cielo.
È il quarto giorno di un’alba leggere avvolta dalla tenue melodia del mattino
che muove il Re, il Mi e il La.
Stanotte il cielo era coperto di sfere veloci che illuminavano l’orizzonte da ogni
lato, piene di genitori di tutti i tipi. Ma la mia mamma e il mio papà non c’erano.
Se solo i desideri, qualche volta, si potessero avverare così come ce li
immaginiamo, così uguali da non poter più distinguere il sogno dalla realtà,
così uguali da crederci e basta.
«Andreas! Andreas!»
Se fossero loro…
C’è un attimo, prima dell’avvenimento dei fatti più importanti della vita, che si
ha un gran paura di alzare gli occhi e vedere.
Due sfere gialle avanzano velocissime in linea retta.
Se fossero loro…
Santo cielo, mi sono completamente dimenticato di pensare al nome da dargli!
Eccoli, sono vicinissimi, le sfere stanno per rompersi.
Certe cose accadono così velocemente, così stranamente e…per sempre.
Caro papà, cara mamma, quante volte vi ho immaginato e desiderato, quante
volte mi sono chiesto come sarebbero stati i miei genitori, quante volte mi sono
domandato come ci si sente quando si viene abbracciati e baciati, quante volte
mi sono sentito così solo perché voi non c’eravate.
La luna si espande per tutto Globus, in questo nuovo giorno, mentre io, la mia
mamma ed il mio papà rimaniamo stretti stretti, abbracciati sul monte Ariel,
come un albero che abbia messo per sempre le sue radici nel terreno forte di
un pianeta lontano, molto lontano dalla terra, ma non troppo.
Care sfere celesti,
non so come ringraziarvi, oggi, 25 dicembre 2008,
sono diventato per la prima volta figlio.
Con tanta riconoscenza e amore
il vostro amico
Andreas
Di Alessandra Corsini