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L’abete di carta

L’abete di carta

Quell’anno, dopo una lunga estate durata fin quasi a San Martino, il freddo era
arrivato improvviso e ormai inaspettato, anticipando nei cuori degli uomini il desidero
del Natale.
La famiglia di Dolly si affrettò a risalire dal garage il grande abete di Natale e la
capanna con i personaggi del presepe, e soltanto a metà novembre la circonferenza
dei rami dell’albero già occupava buona parte del salotto, le sue palline colorate
riflettevano la fioca luce dell’autunno inoltrato e la capanna con Maria e Giuseppe a
braccia aperte dava il benvenuto agli ospiti della casa. Fu così che quando arrivò
l’otto dicembre, sembrò che quasi mancasse qualcosa. Allora, al papà di Dolly venne
l’idea di riportare un piccolo abetino, alto poco meno della figlia, e diede a Dolly il
permesso di decorarlo a suo piacimento. Ecco che quel pomeriggio si trasformò in
una sfilata di bambole e bamboline, pupazzi e pupazzetti, di sciarpe e sciarpine,
cappelli e cappellini che la bambina posizionò con ardore sui rami del suo alberello.
In ultimo, adagiò con cura su uno dei rami centrali una piccola capanna.
A quel punto, il salotto godeva di doppi addobbi e l’attesa del Natale sarebbe stata
più sopportabile. Non poteva essere lo stesso per il grande abete, vestito a festa
quasi un mese in anticipo, e così, appena notò la novità del secondo abete, tanto più
basso da arrivargli a malapena all’altezza del suo primo ramo e tanto più piccolo da
occupare pressappoco lo spazio di una mattonella, decise di rivolgergli la parola
giusto per passare il tempo: «Non hai visto quale tocco magico dono al salotto? Con
le luci che mi circondano e i riflessi delle mie palline rosse e dorate? E quando alla
Vigilia di Natale riceverò la stella sulla mia punta, sarò ancora più bello».
Rispose il piccolo abete: «È vero caro abete, sei molto alto, ma non trovi che i
bambini saranno attratti da me che sono più alla loro portata? Secondo me, riceverò
io la stella, così potrò raggiungerti un poco».
«Ma cosa mi tocca udire! – reagì l’albero più grande, – Non si è mai sentito che un
piccolo abete diventi l’albero di Natale della casa».
«Forse ti sfugge, caro abete, che io sono stato arricchito con pupazzi e peluche che
i bambini adorano, e guarda qui al centro, una capanna con Gesù, Maria e Giuseppe
completa l’opera».

E continuarono finché non arrivò il 24 dicembre.
Quella sera, sarebbe toccato a Dolly il compito di mettere la stella e, quando arrivò il
momento, il papà la prese in braccio e cercò di avvicinarla alla punta dell’abete più
grande, con soddisfazione di quest’ultimo. Ma la bambina iniziò a scalciare e ad
agitare le braccia verso il basso, a urlare e a strepitare che voleva scendere a tutti i
costi dalle braccia del papà, e l’abete più piccolo sorrise compiaciuto. Una volta giù
però, Dolly si rivolse verso un alberello di carta, che doveva aver lasciato lì per terra
una cameriera, dimenticando di buttarlo nella pattumiera. Non aveva illuminazioni,
era di un colore che alla bambina ricordava la neve; qualcuno doveva aver piegato
prima in diagonale e poi in orizzontale, da un lato e dall’altro, un piccolo foglio di carta
quadrato, e poi taglia qui e taglia lì, infine doveva aver piegato tre angoli per
realizzarne i rami. Nessuno lo aveva notato, tantomeno i due abeti ufficiali. Non fu
difficile per Dolly prenderlo in mano e inserire la stella sulla sua punta. Quando lo
appoggiò sul pavimento, il peso della stella lo fece rovesciare, ma la bambina rise
tutta contenta e lo rialzò, per vederlo ancora cadere, rise di nuovo e si divertiva così.
Quando si stancò, si avvicinò al vecchio grande abete e inserì l’alberello di carta con
la stella tra i grossi rami dell’albero. Quest’ultimo non poté che commuoversi e
sorreggere la stella per il piccolo abetino. Poi Dolly andò verso il suo abete di pupazzi
e lo abbracciò felice e pose il piccolo Gesù sulla mangiatoia. L’abetino non poté che
rispondere con affetto ed elevare la capanna più che potesse.
Tutta la famiglia si riunì accanto a Dolly, la stella riluceva di magia e calore scaldando
i cuori degli uomini.
Quell’anno dall’inverno breve, si ebbe il Natale più lungo di tutti i tempi

 

Diletta Follacchio

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