La bora diventò sempre più forte e spirò violenta e umida su Piazza Unità.
Thomàs stava rientrando da una lunga giornata di lavoro e si strinse nel
cappotto per affrontare il vento; era contento al pensiero di riabbracciare Carol
e la loro piccola meraviglia, René.
René -pensò- stava crescendo in fretta, stava sviluppando, proprio come lui,
una grande manualità tanto che negli ultimi tempi lo stava aiutando
concretamente nella realizzazione di un vecchio automa; lo vedeva divertirsi,
soprattutto quando andavano assieme dal rigattiere alla ricerca di ingranaggi
e aggeggi vari. René era molto curioso, attento ai dettagli e faceva una
quantità spropositata di domande: “Papà? Come funzionano gli orologi?” o
ancora: “Papà? Ma é vero che l’uomo é andato sulla luna?”. A Thomàs
piaceva la vivacità intellettuale di René e amava rispondere alle sue curiosità.
E Thomàs amava Carol; si erano conosciuti all’università ad un corso comune
di fisica quantistica e si erano stabiliti a Trieste per esigenze di lavoro. Era
contento della sua vita, degli affetti e del suo lavoro e quel vento fresco di fine
ottobre annunciava l’avvicinarsi dell’inverno e delle festività, il periodo
dell’anno preferito da Thomàs. E già volava col pensiero ai pomeriggi che lui e
René avrebbero speso assieme per finire di sistemare l’automa, alle
chiacchiere che avrebbero fatto davanti ad una tazza di tè caldo con Carol,
alle storie che avrebbero inventato per ingannare il tempo. Sul volto di
Thomàs apparve un sorriso dolce e carico di aspettativa. Prima di dirigersi a
casa, Thomàs si fermò dal vecchio Jerkins, un rigattiere di origine scozzese
che si trovava a pochi metri dalla loro abitazione e con il quale aveva stretto
una grande amicizia: Thomàs sapeva strappare sempre un sorriso al burbero
rigattiere mentre quest’ultimo gli raccontava spesso vari aneddoti della sua
storia di ex marinaio. Thomàs aprì la porta che fece risuonare il campanello
ed entrò nel negozio. Dal retro bottega apparve lo scozzese sdentato:
“Thomàs! Amico mio!”
“Ammiraglio Jerkins!”
“Come va?”
“Stasera é una di quelle sere in cui si rimpiange di essere salpati e partiti per
l’oceano! Che ventaccio si é alzato!”
“Puoi dirlo forte, Jerkins!”
“E tu, professore quantistico? Cosa mi racconti?”
“Jerkins mio! Sono contento, si avvicina il Natale!”
“E il piccolo René?”
“Sta bene, é a casa con Carol!”
“Quel ragazzino mi piace, Thomàs, si vede che è sveglio!” e gli strizzò
l’occhio.
Continuò:
“Parliamo di affari?”
“Ti é arrivato qualcosa?”
“… e me lo chiedi?”
Thomàs rise sonoramente dal cuore mentre Jerkins si abbassò dietro il
bancone e riemerse con un groviglio di ingranaggi. Thomàs studiò
attentamente gli oggetti ed esclamò: “Che meraviglia!”
Rientrato a casa, Thomàs trovò Simon, il padre di Carol, con René con il viso
segnato e un’espressione triste: Carol era stata vittima di un incidente d’auto
nel tardo pomeriggio e non era sopravvissuta all’impatto. Thomàs si sentì
gelare, si sedette sulla poltrona e sprofondò in un pianto. Si sentiva devastato
e perso, cominciò a soffrire terribilmente la mancanza di Carol, dei suoi baci
mattutini, del modo in cui lo guardava, dei sorrisi che gli regalava, della sua
gentilezza, della pazienza con cui seguiva René… non sapeva darsi pace e
non ne trovò nemmeno dopo il funerale.
Per molti giorni non mangiò, non parlò con René e non uscì di casa. Diverse
persone tentarono di mettersi in contatto con lui inutilmente: genitori e
colleghi, amici, genitori di bambini in amicizia con René… ma Thomàs
sembrava assente per tutto e tutti. Si chiuse in se stesso e cominciò a vivere
in grigio, non sapeva più cogliere le sfumature dei colori della vita, non si
curava più molto del suo lavoro, di René, di passare tempo assieme o delle
loro passioni, di amici, colleghi, parenti, nessuno. Al solo pensiero
dell’avvicinarsi del Natale, una morsa gli prendeva il cuore e scoppiava in
lacrime all’idea di non avere più Carol al suo fianco. Simon decise di prendersi
cura di René: lo accompagnava a scuola, dagli amici e lo portava al parco o
sul lungo mare a camminare. René chiedeva spesso a Simon come aiutare il
suo papà ma non sempre il nonno sapeva rispondere: a volte diceva che
serviva tempo, altre volte sviava il discorso, a volte lo incoraggiava a
coinvolgerlo in qualcosa che facevano assieme, altre volte restava in silenzio
e si perdeva nei suoi pensieri soffocando delle lacrime. René rifletté a lungo
sul tempo speso col nonno ma desiderava fortemente di rivedere Thomàs
felice e spensierato come lo era prima dell’incidente, così un giorno chiese a
Simon di accompagnarlo da Jerkins.
“Signor Jerkins! Lei sa come funziona il cuore?”
“In che senso, ragazzo?”
“Come é fatto, come fa a battere…”
“Beh, il cuore batte in autonomia, ragazzo mio…”
“Papà diceva che la mamma custodiva l’ingranaggio più importante del suo
cuore, l’amore, e, ora che lei non c’è più, temo che il cuore di papà non
funzioni più bene… lei sa come potrebbe essere fatto questo ingranaggio del
mio papà?”
“Oh, ragazzo caro, ognuno ha un proprio ingranaggio particolare! Forse posso
provare a dare un’occhiata tra questi vecchi rimasugli se c’è qualcosa che può
fare al caso tuo… hai un po’ di pazienza, vero?”
Annuì.
Riapparve con un piccolo ingranaggio argenteo, molto sottile e delicato, lo
guardò per bene in controluce, guardò il piccolo René, tornò con lo sguardo
all’ingranaggio e disse: “É questo l’amore, René. Dovrai donarlo al tuo papà
senza troppe riserve. Dovrai stargli vicino, René, ed aiutarlo a non perderlo
mai più, capito? Mai più.” E consegnò la ruota dentellata a René.
René prese stretto l’ingranaggio tra le mani e si diresse con il nonno verso
casa.
L’indomani era il giorno di Natale e René si alzò con grandi aspettative sui
regali: vi trovò invece solo un maglione a trecce marrone di qualche taglia più
grande con un biglietto che diceva “Caro René, sono molto triste quest’anno e
non mi sono molto curato dei regali dei bambini. L’anno prossimo andrà
meglio. Babbo Natale”.
Thomàs non si era ancora alzato, così René tutto contento indossò il suo
nuovo maglione, andò nella camera del genitore, scostò le tende e lo svegliò:
“Papà! Papà! Guarda! Babbo Natale mi ha preso questo maglione! Assomiglia
a quello preferito della mamma!”. Thomàs era ancora un po’ addormentato e
rispose con un sospiro, ma René continuò: “Papà, c’era anche questo!” e gli
mostrò la ruota dentellata con un biglietto. Thomàs allora prese l’ingranaggio,
lo rigirò tra le mani e lesse con attenzione il biglietto: “Caro Thomàs, questo è
l’amore, cerca di non perderlo. Babbo Natale”. Gli spuntarono due lacrime e
strinse forte in un abbraccio René nel suo maglione larghissimo. Thomàs
chiese scusa a René per averlo trascurato tanto e gli promise che se ne
sarebbe curato di più e che avrebbe rimproverato Babbo Natale per tanta
negligenza sui regali. Thomàs si alzò dal letto e assieme a René andò a
preparare la colazione con una nuova gioia nel cuore: la certezza di avere di
nuovo l’amore al suo fianco.
Eleonora Rigoni
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