“Lavoraccio! Lavoraccio!”
Un po’ brontolone il Folletto del bosco lo era sempre stato, ma ora che
stava invecchiando perfino Babbo Natale lo aveva messo di malumore;
scuoteva la testa, come per scrollarsi di dosso quel pensiero molesto che
invece era diventato un chiodo fisso.
“Vorrei proprio sapere perché quest’anno quel vecchietto bizzarro ha
deciso di regalare a tutti i bambini la scatola magica. Fa presto lui, dà
l’ordine… ma poi sono io che devo tagliare gli alberi!”
“Lavoraccio, lavoraccio”, gli facevano eco gli scoiattoli, che tagliavano gli
alberi assieme a lui.
“E poi devo portare tutto questo legno al laboratorio…”
“Lavoraccio, lavoraccio”, lo accompagnavano le renne che da giorni
facevano la spola avanti e indietro.
“E poi tagliarlo, carteggiarlo, assemblarlo, e non so che cosa ancora,
perché oltretutto la mia memoria non è più quella di una volta.”
“Lavoraccio, lavoraccio” mormoravano insieme tutti gli animaletti del
bosco, preoccupati più della memoria del Folletto che delle sue proteste.
Una cicogna che passava da quelle parti fu attirata da tutto quel
subbuglio, e si fermò ad osservare dall’alto di un vecchio abete
sempreverde, mentre un orsetto rotolò giù da un pendio approfittando
della distrazione di mamma orsa, anche lei interessata a tutto quel
parlare.
“Bla bla, bla bla…”
“Gru gru, gru gru…”
“Chiu chiu, chiu chiu…”
“Ma che cosa è una scatola magica?”
Era la vocina di un pettirosso piccolissimo, ancora ricoperto di morbide
piumette sotto le penne giovani che stavano crescendo.
Questa sì che era la domanda giusta!
Ma nessuno sapeva che cosa rispondere.
Il vecchio gufo provò a dire la sua: “Certamente è una scatola di legno,
ehm, di vero legno…”
Ci teneva a far vedere che sapeva sempre tutto, ma questa volta non
sapeva proprio niente.
“Bella scoperta! Se non fosse di legno, non sarebbe neppure una vera
scatola magica!” gli rispose stizzita la cornacchia, che appena poteva non
gliene lasciava passare una; ma anche lei non sapeva come andare
avanti.
Avrebbero potuto chiederlo a Babbo Natale; ma c’è qualcuno che sa
dove trovarlo prima della fine di dicembre?
“Sapete che cosa vi dico? Costruiamo una scatola di legno, mettiamola
nella radura in mezzo al bosco, e vediamo che cosa succede. Se è
magica, qualcosa succederà”.
Ancora una volta l’orso bruno aveva avuto una buona idea.
Così fu costruita una scatola proprio come quelle che dovevano
preparare per Babbo Natale, fu sistemata nella radura, e tutti gli
animaletti tornarono alla loro vita di sempre.
Quando passavano accanto alla scatola, davano un’occhiatina veloce,
ma la scatola era sempre lì, uguale, sebbene un po’ più sciupata dal sole
e dall’aria. Non dava alcun segno… di magia.
Dopo un po’ di tempo qualcuno prese ad usarla come deposito per il cibo
che avanzava, o vi nascondeva qualche oggetto, dimenticando poi di
averlo messo lì dentro. Una volta persino il vento vi aveva spinto alcuni
semini, che erano rimasti al caldo e al riparo dal freddo.
E così l’inutile scatola diventò il deposito degli anelli che la gazza rubava
qua e là, dei pastelli che la farfalla adoperava per rifarsi il trucco scolorito
dalla pioggia, degli avanzi del cibo che qualche volta era troppo anche
per i golosissimi scoiattoli.
L’Estate era finita da un bel po’, e l’Autunno scivolava dritto dritto verso il
freddo Inverno.
Il lavoro alla segheria stava diventando febbrile, ma tutte le piante erano
state tagliate senza danneggiare i nidi, i tronchi erano già al riparo
dall’acqua e dal fuoco, e si cominciavano ad ammassare assi e listelli.
Il Folletto del Bosco si sentiva un po’ sollevato, perché la riserva di legna
era completata e con gli scarti di lavorazione della scatola si sarebbe
anche riscaldato; ma tutta quella storia continuava a non piacergli, anche
perché la scatola non era magica, punto e basta.
Intanto la neve era arrivata, quasi all’improvviso.
A ben guardare il calendario, d’improvviso c’era ben poco. In altri anni e
in altre occasioni la neve aveva fatto il suo ingresso anche prima. Ma si
sa, quello che vorremmo non arrivasse mai arriva sempre troppo presto,
o troppo in fretta.
E la neve, per gli animaletti del bosco, è freddo e fame.
Nel silenzio ovattato di tutto quel bianco, a parlare di freddo e di fame
erano le orme degli animali del bosco che si incrociavano in tutte le
direzioni e che prontamente la nevicata successiva cancellava come se
non fossero mai esistite. Ma gli animaletti c’erano, eccome, e avevano
fame e freddo.
“Beati quelli che vanno in letargo!” pensava chi invece era giornalmente
alla ricerca di cibo.
Finalmente arrivò dicembre, e tutte le scatole erano ormai pronte e
accatastate al centro del prato dove sarebbero atterrate le slitte di Babbo
Natale.
In una sera particolarmente fredda e limpida gli animaletti del bosco si
radunarono attorno alla catasta. Sapevano che era la sera giusta, e
rimasero in attesa.
Chissà se qualcuno avrebbe avuto il coraggio di chiedere a Babbo
Natale…
“Qualcosa non va”?
Era arrivato all’improvviso, ma era naturale che sapesse già quello che
per mesi e mesi era stato l’argomento preferito di tutti gli abitanti del
bosco.
Era proprio lui, col suo faccione tondo e sorridente, e una gran fretta.
Ma a quella domanda nessuno aveva intenzione di rispondere, neppure il
Folletto, che pure aveva brontolato più degli altri ma che ora era solo in
attesa dei complimenti di Babbo Natale.
“Ma …che cos’è una scatola magica?”
Era ancora lui, il piccolo pettirosso, che nel frattempo aveva messo su
tutte le penne.
Babbo Natale lo guardò con aria sorniona, come dire: “Sapevo che me
l’avresti chiesto, e mi sono preparato…”; poi frugò in tutte le sue
innumerevoli tasche e bisacce, finché tirò fuori una letterina azzurra, un
po’ sgualcita, e si mise a leggere.
Caro Babbo Natale,
grazie per tutto quello che fai per me.
Mi hai sempre portato tutto quello che volevo,
e anche quello che non volevo.
Quest’anno vorrei chiederti qualcosa di speciale.
Ho sempre giocato con dei giocattoli inventati dagli altri.
Vorrei un gioco da inventare.
Un gioco che fosse tanti giochi.
Un gioco che posso fare quando sono allegro e quando sono triste.
Da solo, o con gli amici.
Chissà se tu lo conosci.
Grazie mille, e buon Natale.
“Tutto chiaro”?
E ridendo soddisfatto sotto la barba, bianca come la neve, scivolò via
veloce seguito dalle slitte cariche di mille e mille scatole di legno. Vero
legno, come aveva detto la cornacchia.
Nessuno aveva il coraggio di aprire bocca, perché avrebbe dovuto dire
che non aveva capito niente, e non voleva essere il primo.
Saltellando sulla neve fresca, lo scoiattolo si avvicinò alla scatola che per
tanti mesi era rimasta abbandonata nella radura.
Era semisommersa dalla neve, un po’ scrostata, ma tutto sommato
ancora in buono stato.
Si guardò attorno, e capì che tutti stavano aspettando la stessa cosa.
L’aprì.
Mentre tutti trattenevano il respiro in attesa di qualche magia, il pettirosso
volò sul bordo della scatola, con un piccolo saltello vi entrò dentro, e si
mise a frugare, curioso come una scimmia.
“Ehi, ragazzi, ma qui c’è di tutto!”
E con disinvoltura cominciò a distribuire tutto quello che trovava a destra
e a sinistra.
“Cornacchia! Guarda come sei carina con questa collana al collo! E tu,
volpe, il braccialetto in quale zampa lo vuoi?
Signor gufo, queste carte sono per te: sei l’unico che sa leggere… Il velo
alle farfalle, i semi agli scoiattoli, il pane alle formiche, e questo a te, e a
te, e a te…”
Come era buffo il pettirosso, così piccolo e così risoluto!
Insomma, in quattro e quattr’otto aveva distribuito tutto il contenuto della
scatola, perfino le briciole, e gli animaletti del bosco, per la prima volta
nella loro vita, ebbero tutti un dono di Natale.
Tanta era la meraviglia e la gioia, che cominciarono a ballare e a cantare
felici, senza sentire più né il freddo né la fame.
“Allora è questa la magia!” disse la cornacchia, che improvvisamente si
ritrovò a ballare col vecchio gufo.
“Anche noi abbiamo avuto i doni di Natale: che bello!”
“Richiudiamola subito, e rimettiamola al suo posto, così… un altr’anno…
di nuovo! Che bello, che bello! Grazie, Babbo Natale!”
Babbo Natale era già lontano, in viaggio, per portare le scatole magiche
ai bambini di tutto il mondo.
Ma era partito così in fretta che aveva lasciato per strada un po’ di
polvere di stelle, quella che spruzzava sopra i sogni.
Le piccolissime stelline del pulviscolo si guardarono tra loro: sarebbe
stato lungo un anno intero, in attesa che tornasse Babbo Natale.
Aspettarono che la festa nel bosco finisse, e quando tutto fu silenzio, si
infilarono piano piano al calduccio, dentro la scatola magica, e si
addormentarono.
Di Egizia Venturi