CAPITOLO 1
IL VILLAGGIO INNEVATO
Il piccolo villaggio di Aimsorri, ai piedi di una montagna
altissima, era stato ricoperto da una candida coltre di neve.
Infiniti fiocchi avevano danzato per tutto il giorno,
scendendo lievi giù dal cielo bianco. Le case, i muretti, le
ringhiere e tutto ciò che stava immobile per le strade e sulle
piazze aveva indossato vesti candide, soffici e tondeggianti.
All’imbrunire il cielo non aveva smesso di lasciar cadere i
fiocchi, aveva solamente calato d’intensità, come se una
nuvola stanca avesse girato la manopola del volume di un
vecchio stereo verso sinistra, piano piano. Qua e là
scendeva ancora qualche fiocco, trasportato da un venticello
che giocava allegramente con ciascuno di loro.
A quello spettacolo, i bambini uscirono di corsa dalle loro
abitazioni per riunirsi nella piazza più grande del villaggio.
Dopo una divertente lotta a palle di neve, decisero di
costruire un pupazzo. Con le mani al calduccio nei guanti
imbottiti, tutti contribuirono ad ammucchiare neve su neve.
Qualche mamma e qualche papà si resero disponibili per
sistemare la testa, lassù, più in alto. Una signora anziana,
con due laghetti azzurri e sorridenti, dietro a rotondi occhiali,
si tolse la sciarpa dai colori sgargianti, sferruzzata qualche
ora prima, per avvolgerla con delicatezza intorno al largo
collo del pupazzo…era abbastanza lunga e, perciò, più adatta
a lui.
Il pupazzo era quasi terminato, quando un bimbo, in braccio
al fratello più grande, si avvicinò con una carota per
sistemarla al centro del viso.
Una bimbetta dalla voce squillante non gradiva affatto quella
carota e gridò con insistenza che voleva mettere la sua.
«Quella è troppo bitorzoluta e sporca di terra! affermò con
prepotenza – La mia, al contrario, è molto meglio della tua!
Non vedi? È tutta arancione e lucida!’ ».
I due bambini iniziarono ad urlare quanto fosse meglio la
propria, mentre i loro fratelli, genitori, zii ed amici, fecero
loro eco. I presenti si divisero in due fazioni e presero le
difese dell’uno o dell’altra, continuando ad alzare la voce gli
uni contro gli altri.
«Come quella volta della spada della statua!» ricordò un
signore ad un altro.
«Sei sempre più arrogante e presuntuosa» fu aggredita la
signora dal berretto a ferri dalla ragazzetta col cappello alla
moda.
Alcuni anziani si allontanarono, scuotendo la testa.
La maggior parte dei presenti rimase intorno al pupazzo,
quasi prendendoci gusto nel recriminare la propria ragione,
senza più pensare al naso-carota, ma srotolando sulla piazza
vecchi rancori.
Spalle contro spalle, chiusi nei loro cappotti, si
allontanarono, verso le loro case sputando, con disprezzo,
frasi malvagie tra gesti di stizza, che si congelarono nell’aria
fredda della notte. Nessuno si voltò prima di sbattere dietro
di sé la porta di casa, così violentemente, da far cadere a
terra le ghirlande decorate con elegante gusto nordico.
Le luminarie si spensero all’improvviso e il gelo dei cuori
divenne un tutt’uno col gelo della notte.
CAPITOLO 2
LA POLVERE DI STELLE
Sopra le nuvole le stelle continuavano a splendere. Su una
di esse un angioletto si fermò per allacciarsi una scarpa.
Quei lacci dispettosi continuavano a sciogliersi e lui, con
santa pazienza, si allenava per rendere il nodo più stretto
possibile.
Mentre stava per rialzarsi, notò che dalla stella scendeva
della polvere luccicante. Fece un saltello, poi un altro e un
altro ancora: aveva scoperto la Magia delle Stelle!
I suoi amici lo chiamarono per giocare tra le nuvole. Con le
scarpe ben allacciate, li raggiunse con un volo divertito,
dopo aver saltellato ancora una volta sulle tre punte più alte.
La polvere di stelle era scesa anche sul pupazzo senza naso.
A quel tocco solleticoso i suoi due bottoncini neri divennero
due occhi veri, pieni di meraviglia, come quelli dei bambini
curiosi. La bocca si aprì in un sorriso grande e sdentato da
cui uscì una linguetta rosa che fece tutto il giro dei bordi
roteando come le lancette di un orologio: dodici, tre, sei,
nove…e al contrario…nove, sei, tre, dodici.
Due bianchi piedi spuntarono al termine di due gambe
paffute, che iniziarono a zampettare allegramente verso una
delle case che aveva da poco chiuso i suoi occhi luminosi.
Vicino a una porta trovò un piccolo cuoricino di latta rosso:
‘Questo è perfetto sul mio viso tondo!, pensò. Prima di
rincorrere un fiocco di neve se lo incastonò in mezzo al viso
e disse tra sé e sé… “Ecco qui il mio nasetto!”.
Mentre giocava col nuovo amico, non si accorse che si era
inoltrato nel bosco di abeti che delimitava il villaggio verso
nord.
“Fiocco! Fiocco! Dove sei? Non ti vedo più! Ecco… Mi sono
perso… Come farò ora a tornare al villaggio? È tutto così
bianco qui attorno e la neve non luccica più sotto le larghe
fronde innevate.”
Fiocco, che non rispondeva ai suoi richiami, era uno di quei
tipi un po’ particolari: sul più bello che il gioco si faceva
entusiasmante, era solito posarsi su qualcosa per diventare
altro: un ramo ricoperto di neve, un cappello nevoso di una
statua, un sentiero argentato.
Il pupazzo, rimasto solo, sentiva il suo cuoricino battere così
forte, da temere che sbalzasse fuori e rimbalzasse tra i
cespugli imbiancati.
Tu-tu, tu-tu, tu-tu, TU-TU!
Mentre incedeva tra i cespugli, tirando a sé la sciarpa che
ad ogni passo si incastrava nei rami, si accorse che le sue
orme lasciavano per terra dei cuori… “Divertente!” Pensò.
Quelle orme lo rassicurarono quel tanto da incoraggiarlo e il
suo passo si fece più svelto, al ritmo concitato di una musica
che pulsava esattamente allo stesso ritmo del suo cuore.
Da dietro un ramo disteso a terra sotto il peso della neve, in
una radura ampia e illuminata da un enorme albero di
Natale, vide un gruppo di pupazzi di neve tutti in cerchio.
Alti, bassi, grassottelli, longilinei, eleganti, stravaganti, tutti
per mano, danzavano insieme alle loro sciarpe, ai loro
berretti, ai loro nasi di carote e patate, allegri come bambini
il giorno prima delle vacanze di Natale!
CAPITOLO 3
IL GIOCO STROFINA-SCIARPA
Mentre si avvicinava timidamente al gruppo, scorse un
luminoso fascio di luce rossa intermittente proveniente
proprio dal centro del cerchio. Incuriosito, accelerò il passo
e, in un battibaleno, si ritrovò mano nella mano a due
pupazzi estremamente agitati che, con i loro sorrisi sdentati,
lo trascinarono in una danza acrobatica, che con volteggi
da capogiro, aveva sollevato le sue rotondità.
Atterrato con una manopola al posto del berretto e una delle
due braccia infilzata sulla testa a mo’ di antenna, si accorse
che, a uno a uno, gli amici pupazzi, si avvicinavano a una
renna.
Nasoacuore osservò che i pupazzi, a turno, strofinavano le
loro sciarpe sul naso rosso della renna. Poi scendeva su di
loro un po’ di polvere di stelle, che faceva cambiare ad alcuni
le loro sembianze e ad altri il loro umore: chi diventava più
alto, chi più basso, chi più sorridente, chi più elegante, chi
meno arrabbiato, chi meno pauroso…
Capì che quello di fronte a lui era Rudolph, la renna che,
quella famosa Vigilia avvolta nella nebbia, aiutò Babbo
Natale.
Intuì, inoltre, che tutti gli amici pupazzi si erano riuniti in
quella grande festa e, come gioco, Babbo Natale aveva dato
loro il permesso di strofinare il naso di Rudolph ed esprimere
un desiderio.
Anche una grande mamma pupazzo si avvicinò col suo
piccolino in braccio. Il piccolo si era preso la febbre e
rischiava di sciogliersi, se non gli fosse passata presto!
Entrambi erano in lacrime. La mamma strofinò le loro
sciarpe sul naso di Rudolph: la sua, lunga, rosa e gialla e
quella del piccolo, più corta, verde e blu. Scese così della
polvere di stelle su un pupazzo nonno, che si avvicinò a loro
e porse al piccolo un biberon di acqua ghiacciata. Lui lo
trangugiò in un momento… Et voilà! La febbre scese
immediatamente! Il terribile pericolo venne così sventato e
sui loro visi apparve un sereno e splendente sorriso di gioia!
CAPITOLO 4
LE MAGICHE SCALE TELESCOPICHE
Arrivò il turno di Nasoacuore.
Si riaggiustò il berretto, il braccio e la manopola, afferrò la
sciarpa e, con gli occhi socchiusi, strofinò il naso color
rubino, poi… attese, attese, attese…
La musica lasciò spazio al silenzio, quel magico silenzio
ovattato di quando la neve avvolge la terra.
I pupazzi di neve si sedettero, senza proferir parola.
Per un attimo pensò di aver combinato qualcosa di
sbagliato…aveva strofinato troppo forte? O troppo piano?
Troppo pesantemente? O troppo lievemente?
Poi si ricordò quelle dolci parole della sua maestra: ‘Se sbagli
non fa niente…’ e sentì un forte fruscio provenire da uno degli
abeti alla sua destra. Si voltò e vide scivolare dalla punta
dell’albero più alto, come una pista da sci, Babbo Natale in
persona, che, sgangherato e divertito, atterrò di fronte a lui
gambe all’aria.
«Ciao Nasoacuore! Mi hai chiamato e io sono arrivato!
Esprimi tre desideri e io, come il genio della lampada di
Aladino, sarò contento di esaudirli!»
Nasoacuore, con voce tremante, bisbigliò: «A dire il vero, io
avrei solo un desiderio». «Va bene! Sono tutto orecchie!»
rispose Babbo Natale.
Nasoacuore prese coraggio incrociando lo sguardo del
pupazzo seduto lì accanto e cominciò con voce più sicura:
«Vorrei che tutte le persone che sentono di avere il cuore
spezzato, trovassero qualcuno che, con un po’ di gentilezza,
riuscisse a rimetterlo insieme di nuovo»
‘Vedo cosa posso fare…’ disse Babbo Natale, mentre
prendeva dalla tasca della sua giacca rossa il cellulare.
Infilati gli occhiali, digitò il contatto della sua squadra di
soccorso: CI – U – O – ERRE- I – GI – E – ENNE – TI – I –
ELLE – I. Migliaia di elfe ed elfi recuperarono le scale
magiche telescopiche con cui raggiungere tutte le stelle
dell’universo. Si arrampicarono lassù e iniziarono a
solleticarle una ad una.
In quel preciso istante, iniziò a scendere una fitta e dolce
polvere di stelle che, non solo ricoprì tutto il bosco, ma
anche tutto il villaggio e i villaggi confinanti e le città, i paesi,
le nazioni: da Nord a Sud, da Est a Ovest, in ogni angolo
della rotonda Terra!
Ammirando la polvere di stelle scendere, Nasoacuore sollevò
la testa, aprì la bocca e la assaggiò come si è soliti fare coi
fiocchi di neve. A contatto con la lingua si sciolse come
zucchero filato: era altrettanto dolce, ma talmente frizzante
che s’infilò su per il naso, provocandogli tre forti starnuti che
lo fecero rimbalzare all’indietro e scivolare sulla liscia e
luccicante superficie del laghetto ghiacciato. Senza
nemmeno accorgersi, si esibì in piroette incerte e sbilenche,
come un ballerino improvvisato. Terminata la spassosa
danza, tra l’ilarità dei suoi amici e un po’ di imbarazzo, notò
che la stella sulla punta dell’abete vestito a festa, divenne
più luminosa.
CAPITOLO 5
LE ORME A CUORE
Il paese Aimsorri tornò a essere illuminato a festa e la gente
uscì dalle case per andare a bussare ai vicini, col desiderio
di riappacificarsi prima delle luci dell’alba: chiedere scusa,
ringraziare per la comprensione, chiedere perdono, trovare
un modo per riavvicinarsi e vivere serenamente, insomma,
per fare tutto ciò che da tempo avevano scordato e che
quella sera non permetteva loro di prender sonno.
Ecco, dunque, che tutti i cuori spezzati si rinsaldarono e il
ritmo concitato avevo lasciato spazio a quella melodia
armoniosa che viene donata dalle parole e dalle azioni
gentili.
Nasoacuore si sentì talmente felice che volle ricominciare a
ballare con tutti i suoi amici e Babbo Natale. Il cerchio si
aprì, capitanato da Rudolph, in un lungo treno di pupazzi
festanti, che raggiunse la piazza del villaggio.
Il profumo della cioccolata calda si confuse coi colori chiari
di un’alba timida che, prima di lasciare il posto al nuovo
giorno, ammirò il capolavoro di Rudolph: grandi e rossi cuori
luminosi, disegnati col suo naso color rubino, rimanevano
appesi nell’aria, sulle scale magiche di Babbo Natale e sui
tetti innevati.
Piccoli e grandi cuori segnavano nuove vie, Le Vie della
Gentilezza, da percorrere con passo deciso e cuori sinceri e
gentili. Con leggerezza, ogni parola o frase gentile, diveniva
orma, dietro a tutti coloro a cui si era rinsaldato il cuore.
La vecchina dagli occhietti azzurri, sentendo tutto quel
rumore, sebbene insonnolita, saltò giù dal letto e,
adagiandosi sulle spalle la mantellina di lana rosa-cipria, aprì
la finestra del primo piano. Tenendo con una mano serrata
all’altezza del cuore i lembi della mantellina, nel vedere
quanto stava accadendo, con l’altra mano fece un cenno a
un passante, il quale si fermò e, appoggiando il gomito sul
basso davanzale, si mise in suo ascolto.
«Mi scusi, signore, sarebbe così gentile da darmi un
pizzicotto? Non riesco a capire se sto sognando o son desta»
Il signore elegante dal cappotto grigio ribatté: «Mi scusi cara
signora, ma non trovo nulla di gentile in un pizzicotto, anche
se dato con le dovute cautele perché, a parer mio, rimane
sempre un gesto scortese. Accetti, piuttosto, questo piccolo
cuore di latta rossa, ce ne sono parecchi in giro… devono
esser caduti dalla ghirlanda della porta del suo palazzo!»
L’anziana donna ringraziò con un tenero sorriso che le
allungò gli angoli della bocca fino a sfiorare le orecchie
infreddolite. Riscaldata da quel gesto inaspettato aggiunse:
‘Sono felice perché da tempo ricevo in dono solo tanti
doloretti e senza l’affetto di qualche cuore gentile, sento di
non riuscire più a sopportarli. Questo cuoricino li allevierà,
per un po’!»
Mentre una piccola lacrima di gioia solcava la rughetta
accanto al suo dolce sorriso, tenendo stretto il cuore ricevuto
e mettendolo vicino al suo, richiamò l’attenzione dei
passanti: «Ehi voi! Guardate! Voltatevi! State lasciando
orme a forma di cuore! Che meraviglia!». Stringendosi nelle
spalle, sotto la mantellina di lana, si sistemò un crespo e
bianco ciuffo di capelli ribelli e, con tutta la voce che aveva,
gridò al suo piccolo mondo:
‘Buon Natale Gentile!’
Di Silvia Franco