In un paese lontano,
viveva una ninfa bellissima e misteriosa, dotata di una duplice natura, umana e selvaggia. Melina
era il suo nome. Gli abitanti del posto dicevano fosse un’ anguana.
Era famosa per le sue preparazioni e pozioni. Aveva un debole per tutto ciò che era selvatico: “È
libero – diceva – perciò è così generoso nell’offrirsi al Mondo.”
Si narra che il suo nome richiamasse un suo debole per le mele selvatiche: “Così rosee e fini,
sembrano boccioli di camelie!”, diceva. Perciò, durante le notti di luna piena, andava nel bosco e
faceva mambassa. I suoi vicini, gli gnomi, curiosi e golosi come bertucce, non si stancavano di
correrle appresso: “Melina, che fa di buono oggi?” gli chiedevano.
“Forse, una confettura o non so…Forza! Diamoci da fare. I meli ci stanno aspettando. ”
Mentre gli gnomi andarono per la loro strada in cerca del gustoso bottino, Melina s’inoltrò nel
bosco.
All’improvviso, udì un rumore proveniente da un cespuglio.
“Chi è?”, chiese.
Ma nessuno rispose. Intorno, regnava il silenzio.
La Luna Fredda di fine dicembre illuminava persino le ombre.
Passo dopo passo, arrivò nei pressi di una tana. Il pertugio era piccolo, ci passava appena una mano.
Melina la introdusse e sentì che era profonda. Avvertì un formicolio che gli prese tutto il braccio;
ma non prese paura, perché le sue mani erano intrise di bontà; potevano solo fare del bene e, di
conseguenza, riceverne anche. Melina rimase immobile e aspettò.
“Vattene!” disse una voce che proveniva dall’interno.
“Perchè dovrei?!”
“Perchè sei un’intrusa”.
“Perchè non esci da lì, invece, di brontolare?!”
Il formicolio aumentava, ma Melina restò ferma.
“Leva quel braccio”, disse la voce. Melina lo tolse e rimase in trepida attesa. Subito dopo, sgusciò
fuori dal buco una lucertola verde con una testa di gallo.
“Ma sei un basilisco”, esclamò Melina, ridendo sotto i baffi.
“Non mi guardare. Potrei pietrificarti”, rispose il basilisco.
Si racconta, infatti, che queste creature fossero in grado di tramutare in pietra chi incontrava il loro
sguardo.
“Ma tra un po’ è Natale”, replicò Melina.
“E allora?”
“È Natale e basta. Avrò da fare, perciò non merito di essere pietrificata. Ma senti un po’ . . . cos’era
quel formicolio al braccio?!!”
“Un’ortica che alimento con veleno per topi. Se tu non l’avessi tolto, ti avrebbe scarnificata viva.”
“Gentile…” rispose Melina.
“Adesso, ciao”, esclamò il basilisco.
“Ciao, Piccolo Re”, replicò.
“Come lo sai?”
“È il significato del tuo nome. E poi, non è forse vero che a Natale siamo tutti Re & Regine?”
Il basilisco non rispose e sgusciò nella sua tana. Melina attese ancora un po’, ma quando capì che
non sarebbe più uscito, s’avviò sulla strada del ritorno, verso la Cascata Verde. Lì vi s’immerse. I
suoi capelli rosso fuoco, illuminati dalla luna, si trasformarono in un falò dalle lunghe fiamme, che
toccarono il cielo costellato di perle di luce e di comete.
Arrivata a casa, Melina trovò, sulla sua tavola, ceste di mele e zaini pieni zeppi di ghiande. Gli
gnomi avevano fatto la loro parte. Sapevano che non mancava molto alla cena di Natale! Sapevano
di quanto fosse importante, per stare al mondo in pace, fare le cose fatte bene.
Di Barbara Anna Gaiardoni