Ora vai a letto!
No!
Da bravo dai, domani devi andare a scuola, è tardi e poi guarda che è l’ora del
Baubau.
Mamma non credo più al Baubau! Ho 8 anni ormai!
Fai male signorino! Molto male! Non ti ricordi di quella sera che, nonostante le mie
raccomandazioni, ti sei alzato dal letto e hai visto quell’oscura figura che urlava
correndo per la casa? Era il Bauba…
Era il nonno che aveva mangiato troppa cioccolata e stava cercando il bagno senza
occhiali!
Va bene, va bene! Ma ciò non cambia che tu debba andare a letto.
E non cambia che io voglia guardare la televisione ancora un pochettino.
Guarda che ti metto in punizione e ora che è Natale Babbo Natale ti metterà nella
lista nera..
Ma non hai detto che c’ero già l’altro ieri? E poi ne sto scontando già dieci di
punizioni, ormai non ti resta niente da togliermi. A meno che.. a meno che tu non mi
voglia togliere l’andare a scuola perché in questo caso…
Santa polenta! Dove andremo a finire dico io! Ah, ma ora chiamo tuo padre e ti
sistema lui, ti sistema, Ah sì, sì adesso lo chiamo..
Mamma, papà sta ronfando qui accanto da circa mezz’ora. Sarebbe poco carino
disturbarlo.
Eh poverino, lavora come un matto. Io glielo detto di smettere ma lui
no..imperterrito, quando era giovane mica era così io mi ricordo che…ma sì dai,
ultima offerta: se vieni a letto ora, ti racconto una favola.
Lunga?
Lunga.
Come la muraglia cinese? Come la corda quando non la tiri? Come il corpo di un
millepiedi?
Adesso non esagerare! Diciamo… lunga come la mia pazienza.
Ma allora durerà pochissimo!
Ma sentilo l’impertinente! Sei coperto? Bene. Hai messo il pigiama, quello di lana?
Fammi controllare i termostati che fuori nevica e non voglio che tu prenda freddo.
Ok, sono accesi. La finestra è chiusa e..
Storia! Storia! Storia!
E va bene allora… Sai dove finiscono le stelle? Qualcuno dice che possano
viaggiare lontano fino a divenire polvere di fata. Altri giurano di averle viste
scomparire dietro ad un ragazzo piccolino che, ma io penso sia assurdo!, va in giro
a domandare ai bambini se hanno visto la sua ombra. Un’ombra dico io. Questo
perché i maschi sono tutti dei gran disordinati, dei bambinoni. Ah se non ci fossi io
tuo padre andrebbe al lavoro in mutande da quanto è disordinato e poi sai cosa
direbbe la signora Pia, sempre pronta a ficcare il naso quella. Come quella volta
che avevo dimenticato di fare l’albero in tempo e lei viene e fa: «Ma signora Lia,
cosa fa? E il bambino come ci rimarrà? Non la conosce la storia del folletto Taratà
e le quarantaquattro renne di Giaffa, ah io ai miei allievi la raccontavo sempre..»
Il folletto Taratà? Che storia è?
Brutta come quella vecchia ficcanas..ehm volevo dire.. è troppo lunga per
raccontartela oggi tesoro! Ma ritorniamo al nostro racconto allora stavo dicendo
…eeh..
Le stelle!
A sì! Ecco.. ma in realtà, dopo il buio, vanno a finire nel piccolo e pittoresco
villaggio di Wintervale, dove i fiocchi di neve danzano nell’aria come piccole fate.
Qui viveva un bambino di sette anni di nome Jesse.
Ehi come me!
Sì ma non interrompere! Allora Jesse non era un bambino qualunque; Jesse aveva
un segreto magico. Con un semplice movimento del polso, poteva congelare
qualsiasi cosa toccasse, trasformandola in ghiaccio scintillante. Sebbene i poteri di
Jesse fossero incantevoli, lo distinguevano anche dagli altri bambini, che giocavano
nella neve senza preoccupazioni al mondo.
Mamma ma mi stai raccontando Frozen!
No assolutamente! Come ti viene in mente! E poi lì la protagonista è una bambina e
io ho detto, ascolta bene, B-A-M-B-I-N-O!
Dai!
È diversa ti dico, ascolta:Con l’avvicinarsi delle festività, Jesse sentì il calore della
magia del Natale insinuarsi lentamente nell’aria. Gli abitanti del villaggio
appendevano luci scintillanti alle loro case e l’aroma dei biscotti di pan di zenzero
riempiva le strade. Le campanelle tintinnavano gioiosamente cullate dal lieve
respiro della brezza invernale TIN TIN TIN, gruppi di cantori si esercitavano nei loro
lieti canti LALALA e i bambini filavano giù allegramente sulle loro slitte fiammanti
GNICK GNICK GNICK
GNICK GNICK GNICK?
Uffa! E mica lo so come fanno le slitte! Comunque…ma nonostante i
festeggiamenti, Jesse sentiva una grande solitudine. Aveva paura di rivelare il suo
segreto agli amici con il timore che potessero prenderlo in giro o che lui preso da
un moto di rabbia li potesse danneggiare
Come quella protagonista di quel film a cui questa storia non assomiglia per nulla…
Smettila! Allora..Sospirò, osservando il paesaggio ghiacciato: il suo modo preferito
per esprimere i suoi sentimenti era creare splendide sculture di ghiaccio nella neve.
Decise che era giunto il momento di una nuova creazione. Con la sua fedele
cagnolina Charlotte al suo fianco, Jesse vagò nei boschi innevati. La neve
scricchiolava sotto i loro piedi e la coda di Charlotte scodinzolava per l’eccitazione.
“Facciamo qualcosa di fantastico, Charlotte!” esclamò Jesse, i suoi occhi
scintillavano come il ghiaccio che avrebbe presto creato. Insieme, raggiunsero una
radura piena di neve intatta, scintillante come centinaia di diamanti sotto il sole
invernale. Jesse si concentrò e agitò la mano, congelando all’istante i fiocchi di
neve che cadevano in uno squisito arco di ghiaccio che scintillava come un
arcobaleno. Inserì fiori di ghiaccio magici, vorticosi motivi di brina e persino una
mini fontana ghiacciata che schizzava in minuscole goccioline di ghiaccio. Charlotte
abbaiò felice, ondeggiando tra le sculture, il suo respiro che si appannava nell’aria
fredda. Ma mentre Jesse ammirava la sua opera, un’ombra calò su di lui. Un
enorme drago scarlatto avanzava solenne per la radura.. La sua presenza era
imponente, ma i suoi occhi scintillavano di gentilezza. «Piccolo, le tue creazioni
sono straordinarie, ma dimmi, come ti chiami?» Jesse esitò e alla fine balbettò:
«Jesse.» «Piacere Jesse!» fece il drago cortese. «E tu?» domandò il bimbo. «Bella
domanda! In duecento anni di vita non me la sono mai posta! Tu come pensi mi
debba chiamare?» Jesse era sconcertato ma poi sorrise: « A me piace Nicolas!
Certo che sei un drago strano, ma come hai fatto per tutto questo tempo senza un
nome? Come ti chiamavano gli amici o i tuoi genitori?» il drago ricambiò il sorriso:
«Non è il nome che definisce chi sono se sono in grado di vivere felice! E poi anche
tu sei un cucciolo strano Jesse: perché non giochi con gli altri tuoi simili? Ne ho
visti, proprio ora, alcuni che facevano una battaglia di palle di neve!» «Non ne
sono… sicuro. Vorrei potermi unire agli altri bambini, ma loro non capiscono la mia
magia. A volte, ho la sensazione che i miei poteri mi rendano diverso, non
speciale.» Nicolas si inginocchiò accanto a lui (cosa piuttosto difficile sia a farsi che
ad immaginarsi), accarezzando delicatamente Charlotte con la punta della coda
rossa come l’agrifoglio. «Il Natale è condividere la gioia, Jesse. Le tue creazioni di
ghiaccio possono portare felicità agli altri, ma devi lasciarli entrare là dove tu vuoi
escluderli. Non avere paura della tua paura cucciolo. Ci sarà chi ti vedrà diverso,
chi riderà di te, chi non ti rivolgerà più la parola ma altri ti appoggeranno e tu potrai
appoggiare loro. A cosa serve, per il timore di molti, perdere l’amore di quei pochi
che contano davvero per te? Forse che per la paura di qualche scintilla che può
colpirti, tu rinunci all’enorme calore di un fuoco caldo?» Jesse tacque, convinto. In
fondo non c’è niente di più convincete di un drago che parla del fuoco. Ma poi
guardò meglio il drago e lo vide malato: gli occhi erano affievoliti come la brace
sonnacchiosa del camino , la coda squarciata e il rosso delle squame sbiadito.
«Stai male Nicolas?» chiese preoccupato. Il drago socchiuse gli occhi. Sembrava
che la domanda gli avesse procurato un enorme dispiacere. Il cielo sopra si fece
più scuro. Era la notte della Vigilia. «Sto scomparendo Jesse. Perché nessuno
crede più in me. Nessuno pensa agli animali come noi e noi, lasciati da soli, nel
dimenticatoio, soccombiamo. Se niente cambierà, di me ben presto non rimarrà più
niente. Me ne andrò nel silenzio come le parole che non pronuncia mai nessuno.»
Colpito dal discorso di Nicolas, Jesse pensò profondamente. «Forse posso creare
qualcosa che unisca tutti per Natale e che risolva il tuo problema!» disse, con gli
occhi illuminati da un nuovo scopo. La mattina di Natale, Jesse si mise al lavoro.
Realizzò un enorme drago di ghiaccio in tutto simile al suo nuovo amico, bellissimo
e imponente sulla radura. Aggiunse centinaia di ghiaccioli scintillanti come
ornamenti che brillavano al sole, creando uno spettacolo abbagliante. La gente di
Wintervale iniziò a radunarsi, attratta dalla magnificenza della statua. All’inizio, gli
abitanti del villaggio si fermarono di colpo, incerti su cosa pensare. Ma mentre i
bambini ridacchiavano e volteggiavano felici attorno al capolavoro ghiacciato, un
caldo ronzio di curiosità e gioia si diffuse tra la folla. Jesse sentì un’ondata di
coraggio. «È un drago! Fantastico Jesse l’hai fatto tu? Sei bravissimo!» esclamò,
con la voce che risuonava nell’aria frizzante, una bambina che abitava di fianco a
lui. Lui annuì e, con sua sorpresa, i bambini esultarono! Si precipitarono in avanti,
ognuno portando ghirlande colorate, decorazioni fatte a mano e ornamenti
scintillanti. Charlotte abbaiò con entusiasmo, incoraggiando tutti con la sua allegra
energia. Il cuore di Jesse si librò mentre si univa ai bambini, ridendo. Dappertutto si
sentivano risate e grida d’entusiasmo interrotte solo dalla voce calma di Joss (ehi
non fare quella faccia, non sono mai stara brava con i nomi!) il cantastorie che
raccontava ad un pubblico affascinato tutte le storie sui draghi che riusciva a
ricordare. E dai draghi si passò al Natale con i grandi banchetti e i doni colorati e
dal Natale al tiepido calare del tramonto. Durante tutta la giornata, mentre giocava,
il cuore di Jesse si riempì dello spirito del Natale. Si rese conto che i suoi poteri,
invece di isolarlo, erano un ponte per connettersi con gli altri. Era solo un po’ triste
perché non aveva visto Nicolas ma in tarda serata, mentre andava a dormire (come
dovrebbe fare qualcuno di mia conoscenza) lo vide invisibile a tutti tranne che a lui,
affacciarsi dalla finestra della sua camera. il drago era ritornato al suo antico
fulgore. Nicolas lo guardò con orgoglio, un sorriso gli si diffuse sul muso «Mi hai
salvato oggi Jesse! E hai salvato te da te stesso. Hai scoperto che il tuo potere è
come il Natale. Da solo è incredibile ma è condiviso che diviene pura gioia.» Jesse
lo guardò dubbioso. Non era sicuro di aver capito tutto quello che Nicolas gli aveva
voluto dire. Ma in fondo era solo un bambino e un drago che parla di Natale non è
sempre molto convincente. Poi sentì qualcosa di umido cadergli sulla spalla. Il
drago piangeva grosse lacrime di gioia dai saggi occhi. «Forse avrà freddo» pensò
Nicolas. E lo invitò ad entrare. La bestia riusciva a stare a malapena nella sua
piccola camera ma spingi spingi e GNICK e GNICK riuscì a trovare un buon punto
per stendersi e il piccolo Jesse gli si accoccolò sul collo sussurrando: «Mi racconti
una storia Nicolas ?» Il drago annuì dolcemente. Fuori una stella cadente
squarciava il cielo trapunto di stelle. Nicolas abbassò lo sguardo. Il bambino
dormiva.
E allora incominciò: «Sai dove finiscono le stelle? Qualcuno dice che possano
viaggiare lontano fino a divenire polvere di fata. Altri giurano di averle viste
scomparire dietro ad un ragazzo piccolino che, ma io penso sia assurdo!, va in giro
a domandare ai bambini se hanno visto la sua ombra..»
So cosa vuoi fare piccola peste! Non ci provare! Benché io sia moolto giovane,
sono nata prima di te! Ora dormi subito se no chiamo Nicolas e gli dico che non
credi in lui!
Uffa!
Di Giosuè Banconi