“L’ho sturato, ma deve chiamarmi più spesso se lo vuole completamente pulito, è ancora
abbastanza pieno di fuliggine e incrostazioni”, disse lo spazzacamino al signor Massimo.
“Ma non rischio niente adesso?” chiese il signor Massimo preoccupato.
“Non si preoccupi, i fumi passano, non soffocherà di certo. Quello che rischia veramente è
che Babbo Natale non riesca a passare attraverso un camino così stretto. Non sono sicuro
neanche che la Befana ce la possa fare. Sa, siamo già a dicembre”, gli disse lo
spazzacamino sorridendo.
“Ma quale Babbo Natale, ormai qua non viene più nessuno da un sacco di anni”, disse il
signor Massimo con aria triste.
“Perché è lei che non lo desidera”, lo rimproverò lo spazzacamino.
“Senta, io l’ho chiamata per liberarmi il camino, non per farmi fare una predica.”
Il signor Massimo pagò per l’intervento e rientrò in casa pensieroso.
Intanto nel paese di Babbo Natale si lavorava a pieno ritmo. Gli addobbi, le lettere, i
regali… Gli elfi andavano ogni giorno all’ufficio postale dove ritiravano i sacchi pieni di
letterine che trascinavano faticosamente fino a casa di Babbo Natale. Quel giorno faceva
molto freddo e soffiava il gelido Vento del Nord. Gli elfi non si erano accorti che un sacco
non era chiuso bene e così il vento fece volare via una delle lettere.
Spinta molto in alto e trasportata dal vento fece un viaggio lunghissimo. Cadde proprio
davanti al cancello della casa del signor Massimo. Un passante pensò che la lettera non
fosse stata imbucata bene dal postino e quindi la raccolse e la infilò nella cassetta della
posta.
La mattina dopo il signor Massimo come di consueto ritirò la posta. Tra le lettere ricevute
proprio quella catturò la sua attenzione. Era indirizzata nientemeno che a Babbo Natale.
“Qualcuno mi sta prendendo in giro”, si disse. Poi pensò che il suo aspetto potesse
ricordare Babbo Natale. Aveva la barba bianca e lunga ed era cicciottello, ma non si
vestiva di rosso. Lesse il mittente, Viviana Marchi. Quel nome non gli diceva proprio
niente. Poi guardò il timbro, era di una città che si trovava molto lontano dalla sua
abitazione.
“Lì non conosco nessuno”, si disse stupito.
Guardò più attentamente la busta e rimase di stucco. Non c’era soltanto un timbro, ma
due. Il secondo era di Rovaniemi, il paese di Babbo Natale. Come era possibile? Non
riusciva a darsi una spiegazione. Eppure, la lettera era arrivata proprio a lui, era nella sua
cassetta della posta ma era indirizzata a Rovaniemi.
Il primo pensiero fu di andare all’ufficio postale a chiedere spiegazioni, ma poi cambiò
idea. Era sempre pieno di gente, avrebbero soltanto riso di lui. Doveva risolvere da solo
quell’enigma anche se a quei tempi non esistevano né Internet né telefoni cellulari.
Poi decise di aprire la busta, la curiosità ebbe il sopravvento e forse avrebbe capito
qualcosa. Successivamente avrebbe potuto richiuderla magari con un po’ di colla oppure
spiegare che l’aveva aperta per sbaglio. Sono cose che succedono se ricevi tanta posta,
non è che guardi sempre se è per te o no.
Così il signor Massimo aprì la busta stando attento a non strapparla. La calligrafia era
infantile. Poi lesse il contenuto e si emozionò. Era di una bambina di sette anni che
desiderava una bicicletta adatta alla sua età. I genitori non erano intenzionati ancora a
comprargliene una nuova. Siccome una volta le era capitato di cadere preferivano
aspettare che crescesse ancora un po’. Ne aveva solo una piccola con le rotelle che
usava anche il suo fratellino di quattro anni. Ma lei ormai si sentiva pronta a passare alla
bicicletta grande. Il signor Massimo si commosse. Gli venne in mente la sua bambina Ida,
aveva ancora in cantina la sua biciclettina.
“O, Ida, dove sei adesso?” si chiese. Da tanto tempo cercava di non pensare a lei.
Aveva dovuto sopportare una profonda delusione tanti anni prima quando se ne era
andata di casa con quel ragazzo poco di buono. Era rimasto vedovo da giovane e aveva
dovuto crescere la bambina da solo. Non era stato facile ma era andato tutto bene finché
a sedici anni la sua piccola non aveva conosciuto quel ragazzo molto più grande di lei. Si
diceva che fosse stato anche in galera. Da quando aveva iniziato a frequentarlo anche lei
era cambiata. Aveva smesso di studiare, iniziato a fumare e a dire parolacce. Il papà
aveva provato a consigliarla ma lei non ne voleva sapere. Così tra loro ci furono continui
litigi finché Ida compiuti diciotto anni gli comunicò che aveva deciso di andare via di casa.
Il papà a malincuore le disse che doveva scegliere, se andava via con quel farabutto, non
avrebbe più voluto saperne di lei.
Ma Ida scelse il ragazzo. Dopo un po’ di tempo il signor Massimo cercò di informarsi dove
fosse andata e naturalmente sperava sempre nel suo ritorno a casa, ma non tornò mai
più. Gli dissero che si era trasferita da qualche parte in America. Allora, il padre arrabbiato
e offeso si costrinse a non pensare spesso a lei. Fino a quel giorno quando aveva ricevuto
quella lettera.
“Potrei regalare a questa bambina la bicicletta di Ida”, all’improvviso gli piacque l’idea.
“Potrei caricarla sulla macchina e fare un viaggio fino a quel paese dove abita la bambina.
Potrei dormire in albergo, tanto in tutti questi anni ho solo risparmiato”, gli frullavano tanti
pensieri per la testa. Non ci pensò ancora molto. Si preparò per quel viaggio e prese la
cartina. Tracciò il percorso che avrebbe dovuto fare. Programmò di fare più tappe e
dormire in posti diversi ma non sarebbe stato un problema per lui.
E quel viaggio lo fece veramente fiducioso di trovare la casa di quella bambina. Dopo tre
giorni di viaggio arrivò nel paese di provenienza della lettera. Era molto stanco del viaggio
e trovò un piccolo albergo. Forse era l’unico del paese visto che era così piccolo. Solo
allora si rese conto che mancavano due giorni a Natale.
“Fa la cena della Vigilia con noi?” gli chiesero alla reception dell’albergo e gli mostrarono
pure il menù. Lui accettò, tanto non poteva neanche tornare subito indietro, si sentiva
veramente stanco. Poi chiese informazioni sulla via dove abitava la bambina, disse anche
il nome della famiglia Marchi. Il giorno dopo andò in macchina a cercare la casa della
bambina e la trovò. Davanti al cancello lasciò la bicicletta. Aveva messo un fiocco e
preparato anche un bigliettino:
“A Viviana da Babbo Natale”.
Il giorno dopo era Natale e lui si preparava per il ritorno a casa. La proprietaria dell’albergo
gli fece gli auguri e gli disse:
“Il mio collaboratore mi ha detto che ieri stava cercando la casa della mia amica Ida”.
Lui sobbalzò. “La madre di Viviana si chiama Ida?” chiese con gli occhi sgranati.
“Sì”, gi rispose lei incuriosita e poi si rese conto che Ida e questo signore portavano lo
stesso cognome. Glielo disse.
Il signor Massimo si sentì tremare.
“Ma non è possibile, la mia Ida è andata in America, così mi hanno detto.”
“Infatti, ha conosciuto suo marito in America. Lui è nato qua, era andato negli Stati Uniti
per lavoro.”
“Adesso devo proprio andare”, disse e pagò il conto con le mani che gli tremavano.
“Non è possibile, non è possibile. Come ha fatto quella lettera ad arrivare a me?” si
chiedeva.
Nel frattempo, i coniugi Marchi e i loro figli si erano svegliati. I bambini avevano trovato
tanti regali sotto l’albero, ma Viviana era delusa.
“Volevo una bicicletta”, quasi piangeva.
Poi il padre vide dalla finestra una bicicletta appoggiata al cancello.
“Ma chi è che lascia lì la bicicletta il giorno di Natale”, si chiese un po’ infastidito. Poi uscì e
trovò questa sorpresa.
“Viviana, guarda che cosa ti ha portato Babbo Natale”, le disse balbettando. Non sapeva
cosa pensare.
Viviana faceva i salti di gioia.
“È proprio la bicicletta che volevo, evviva!”
La mamma di Viviana guardava ammutolita la bicicletta. Il marito le disse sottovoce che
non sapeva chi l’avesse lasciata lì.
“Quella è la M-I-A bicicletta”, disse scandendo la parola ‘mia’.
“Che cosa vuoi dire, cara? In che senso è tua?”
“È la mia bicicletta di quando era piccola, la riconoscerei tra un milione di biciclette. Chi
mai può averla portata qui?”
“Solo tuo padre”, le disse il marito.
“Ma non sa neanche dove abitiamo.”
“Finalmente ti ha trovata. Ti ho sempre detto che dovevi riconciliarti con lui, non si può
essere così testardi.”
“Mi sono sempre vergognata, sono scappata con quel tizio che poi mi ha abbandonata in
un paese che conoscevo poco. Ero disperata, meno male che poi ho conosciuto te. Mio
padre aveva ragione su tutto ma non avevo la forza di ammetterlo neanche a me stessa”,
cercò di non piangere.
Intanto i bambini allegri facevano chiasso, non si erano accorti di quella conversazione.
Squillò il telefono. Era la proprietaria dell’albergo che fece gli auguri alla sua amica. Poi
raccontò dell’uomo che li aveva cercati.
“Lo so, era mio padre”, le disse Ida.
“L’avevo capito anch’io”, le rispose l’altra.
“Devi riconciliarti con tuo padre. Cosa ne pensi se per l’Epifania andiamo da quelle parti?
Magari possiamo alloggiare in un albergo della zona e poi andiamo a salutarlo e
conoscerlo.”
“Ai bambini che cosa dico?”
“Che hanno un nonno vivo e vegeto. Meglio tardi che mai.”
Ida si rese conto che suo marito aveva ragione. Così fecero veramente quel viaggio. Ida
era molto emozionata. Quando arrivarono al suo paese natale decise che voleva subito
vedere il padre prima di andare in albergo. Aveva già sprecato così tanto tempo senza di
lui.
Quando il padre aprì la porta e vide sua figlia la riconobbe subito anche se erano passati
tanti anni da quando si erano visti l’ultima volta. Il loro abbraccio fu lungo e commovente.
“Non devi spiegarmi niente, figliola mia.”
Il padre così conobbe i suoi nipoti e il genero. Li convinse a non alloggiare in albergo, c’era
posto per tutti in casa sua e loro accettarono volentieri l’invito.
Il signor Massimo vide la lettera di Viviana sulla scrivania e in fretta la mise di nascosto in
tasca.
Il giorno dopo era l’Epifania. Al mattino presto furono svegliati da strani lamenti. Sembrava
provenissero dal tetto.
“Ahi, povera me, mi sono incastrata”, si sentiva urlare.
Il signor Massimo uscì in giardino e rimase di stucco. C’era la Befana che spuntava dal
camino. Di corsa andò nel garage a prendere la scala e la liberò. Lei scappò via
brontolando:
“Faccia pulire questo camino per amor del cielo”, e volò via sulla sua scopa magica. I
bambini trovarono le calze con i dolcetti nel camino.
“È arrivata la Befana, è arrivata la Befana”, gridavano eccitati e contenti.
Così passò quel periodo di feste. A Rovaniemi il Vento del Nord sorrideva. Anche
quell’anno aveva fatto una buona azione. Nel paese di Babbo Natale non succede niente
per caso!
Di Sanja Rotim