“Sbrigati! Siamo in ritardo! Non perdere tempo inutilmente, muoviti, vieni qua che ti allaccio le scarpe io altrimenti arriviamo in ritardo!.
“Ancora un minuto solo, finisco questo gioco e arrivo.”
Ormai queste scene sono parte integrante della nostra routine quotidiana: tutti siamo ormai divorati da ritmi sempre più frenetici e accelerati, alla ricerca del fare di più, di raggiungere sempre più obiettivi. E proprio questo ritmo serrato a cui ci costringe la nostra società non è allineato al ritmo lento e naturale, senza spazi che vorrebbero invece seguire i bambini.
Loro non conoscono la fretta, l’urgenza o la necessità di rimandare. Il loro ritmo è guidato dall’interno, dal desiderio di gustarsi le esperienze sino in fondo e forzare i tempi è difficilissimo e soprattutto dannoso.
“Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza”
Spesso sono le favole con la loro morale a ispirare i pensieri pedagogici. E’ il caso della “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza” di Luis Sepulveda (Guanda 2013), una favola per bambini dai toni delicati che ci insegna che per assaporare i momenti più preziosi della vita sia importante andare con lentezza godendosi ogni attimo. Le cose che facciamo, i nostri sogni, le nostre domande tutto deve essere vissuto senza fretta perché altrimenti rischiamo che i bei momenti ci passeranno davanti e noi non saremo in grado di coglierli. L’idea del libro nasce da una semplice domanda che fu posta all’autore dal nipotino. Perché le lumache sono così lente? Chiese il piccolo Daniel. Ecco che con la sua scrittura piena di poesia e soffusa ironia, Sepulveda fa una critica alla nostra vita frenetica descrivendo un mondo lento e piccolo ma pieno di dettagli ai quali prestare cura e attenzione. Ribelle è la lumachina protagonista che decide di lasciare la sua comunità di lumache che vive in un grande prato con ritmi lenti e ripetitivi, per intraprendere un viaggio solitario e pericoloso alla ricerca della sua strada e della sua unicità e soprattutto per capire l’importanza della lentezza. L’incontro con tanti animali del bosco e in particolare con un nostalgico gufo e una tartaruga saggia dal nome importante (Memoria) la condurranno a conoscere la verità, a vincere le sue paure e a farsi portavoce di una denuncia contro l’isolamento e l’indifferenza. Grazie al suo atto di coraggio, Ribelle scopre infatti che le sue compagne lumache sono in pericolo: l’uomo sta abbattendo grandi prati per trasformarli in strade e abitazioni. La minaccia è imminente e la nostra coraggiosa protagonista riesce ad intervenire trasformando la lentezza in un vantaggio
La pedagogia della lumaca
Parlare di lentezza appare una grande sfida anche nella scuola. Una sfida che Gianfranco Zavalloni, pedagogista e dirigente scolastico autore di numerosi libri sui tempo dell’ambiente e della scuola, affronta elaborando la sua “Pedagogia della lumaca”. Un elogio della lentezza alla consapevolezza che rallentare è necessario per goderci le cose della vita, le più semplici e le più naturali.
Rousseau diceva che “bisogna perdere tempo per guadagnarne”, sostenendo che tutto quello che ci sembra una perdita di tempo è invece un modo per aiutare l’apprendimento o lo sviluppo dei bambini.
Quando mettiamo fretta ad un bambino dicendogli di sbrigarsi, stiamo violando il suo diritto a fare secondo i suoi tempi di apprendimento, togliendogli il tempo per imparare, un tempo che è solo suo, che gli appartiene.
Facendo suo il pensiero del grande filosofo e pedagogista svizzero, Zavalloni sostiene che Il segreto dell’apprendimento sia nel rallentare a scuola, ma anche in famiglia, durante la vita di tutti i giorni. In primis “perdere tempo” a parlare e ad ascoltare, premesse indispensabili per sviluppare una corretta relazione educativa insegnante-alunno, genitore-figlio. A scuola è necessario bandire la fretta e gli alunni devono avere la possibilità di crescere nel rispetto dei loro ritmi, dei loro modi e dei loro tempi di apprendimento. Zavalloni elabora così alcune strategie didattiche di rallentamento che hanno come obiettivo di rispettare ed evidenziare l’unicità del bambino mettendo così in discussione le pratiche educative tradizionali. Al centro l’ascolto e il dialogo con gli alunni soprattutto nei primi anni di scuola che sono i più importanti e formativi da un punto di vista personale e relazionale.
In un mondo in cui i bambini sono già capaci di organizzare la propria vita con i cellulari e in cui la tecnologia ha preso il sopravvento sui giochi, sulle relazioni, sullo studio, risulta quindi importante dare spazio ad un apprendimento di tipo pratico, basato sull’esperienza: ascoltare la musica, i racconti degli anziani, camminare fuori, conoscere toccando con le mani, giocare, fare l’orto…
Nel 1994 Zavalloni pubblica così il “Manifesto dei diritti naturali di bimbi e bimbe”, una selezione di diritti che dovrebbero essere garantiti ad ogni bambino in modo che possa imparare con il giusto tempo, tutto il tempo che gli è necessario per crescere.
Tra questi diritti, il primo è il diritto all’ozio, ovvero il diritto a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti e il diritto alla noia, tempo in cui non fare nulla.
Sarebbe bello se in ogni scuola all’entrata si trovasse appeso un cartellone con elencati tutti i 10 diritti:
1. Il diritto all’ozio
2. Il diritto a sporcarsi
3. Il diritto agli odori
4. Il diritto al dialogo
5. Il diritto all’uso delle mani
6. Il diritto al buon inizio
7. Il diritto alla strada
8. Il diritto al selvaggio
9. Il diritto al silenzio
10. Il diritto alle sfumature